L’EPISODIO
Sequestrata dall’amante, si salva con il segno antiviolenza
La vittima è riuscita a richiamare l'attenzione con il gesto della mano
Salvata dal segno antiviolenza, un gesto codificato a livello internazionale che forse non tutti conoscono. La cinquantenne, ostaggio nella macchina dell’aguzzino, ha piegato il pollice nel palmo della mano e ha chiuso le altre dita sopra di esso, una donna ha colto il gesto e si è avvicinata. Sono stati momenti ad alta tensione quelli vissuti davanti a un asilo venerdì: la vittima si è rifugiata all’interno della scuola materna, l’uomo ha cercato di stanarla ma sono arrivati i carabinieri e il trentasettenne è stato arrestato su disposizione del pubblico ministero Ciro Caramore. È accusato di stalking, violenza sessuale, violenza privata, rapina ed è al limite del sequestro di persona. Nei prossimi giorni sarà interrogato in carcere dal gip Francesca Roncarolo.
Un thriller
È una storia surreale quella che si è dipanata davanti agli occhi degli inquirenti raccogliendo la denuncia della cinquantenne. Aveva conosciuto l’indagato a maggio attraverso una pagina social dedicata agli amanti di moto, aveva partecipato ad alcune escursioni con il gruppo di biker e dopo un paio di gite tra i due scoppiò la scintilla. Lui le raccontò di essere divorziato, mesi dopo la donna conoscerà la moglie che le darà un Oki per sopportare il dolore delle percosse. A quanto pare anche lei era soggiogata dal trentasettenne: era a conoscenza della relazione extraconiugale e anche delle violenze che l’amante subiva. La sera in cui si conobbero la cinquantenne entrò in casa trascinata da lui, tumefatta, con il naso che sanguinava copiosamente. «Pensavo peggio» fu il commento della consorte.
Le voci
A quanto pare l’uomo era ossessivamente geloso della cinquantenne: la accusava di continui tradimenti, la picchiava per punirla delle infedeltà, la controllava assillandola. «Il mio demone dice che non sei sincera, che non mi dici la verità», la incalzava alludendo a una non meglio precisata entità che si era pure tatuato sul braccio. Una notte la picchiò talmente tanto da rendere necessario l’accesso in pronto soccorso. Terminata la visita l’uomo ricominciò a darle calci e pugni, convinto che avesse avuto un rapporto con il medico. Sospettando una relazione con un vecchio amico, la obbligò a denunciarlo per stupro.
Il coltello
A novembre l’indagato esagerò con le percosse: l’amante non era nelle condizioni di farsi vedere in giro, le ecchimosi non sarebbero passate inosservate. Così dall’11 al 18 la costrinse a restare nell’appartamento che condivideva con la moglie e con la loro bambina. Si impossessò del suo cellulare e attese che i lividi scolorissero, poi la lasciò andare. E fino a un paio di giorni fa sembrava essersi defilato. Il 18 dicembre invece l’ha contattata piangendo, chiedendole perdono, dicendole di non poter vivere senza di lei, supplicandola di dargli un appuntamento chiarificatore.
La cinquantenne ha accettato. Il trentasettenne l’ha portata in casa e si è scatenato: schiaffi, pugni, calci, rapporti sessuali per nulla consensuali. C’era la bambina nella stanza accanto ma poco male. Davanti alla piccola, risvegliata dal trambusto, l’uomo ha pure minacciato l’amante con un coltello preso dal ceppo. A un certo punto è arrivata la chiamata della moglie, «tutto ok lì?», domandava. Per lui sì, era tutto ok. Al mattino doveva accompagnare la bimba all’asilo, la cinquantenne seduta in macchina con loro, sotto minaccia. «Adesso o mai più», si è detta mentre l’uomo scendeva dall’auto. Con la mano ha lanciato il silenzioso segnale universale, sperando che qualcuno lo decodificasse. E così è stato.
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