RISOLTO IL GIALLO
Sequestro e tortura: arrestato marocchino
Sarebbe uno dei quattro stranieri che avevano rinchiuso in una casa ad Azzio un connazionale di 63 anni. Indagine dei carabinieri di Luino. Il provvedimento del Gip di Varese

Sequestro di persona, tortura, lesioni personali, tentata estorsione e usura. Sono i reati contestati al trentenne cittadino marocchino in carcere da venerdì 5 settembre perché accusato di essere uno dei quattro immigrati nordafricani che hanno rinchiuso in una casa di via Cavour un loro connazionale di 63 anni che domenica 31 agosto è riuscito a fuggire lanciandosi dal balcone del primo piano.
Le indagini dei carabinieri della Compagnia di Luino avviate subito dopo il ritrovamento di quell’uomo con lesioni a volto, braccia e torace, hanno infatti portato a identificare due dei quattro extracomunitari che, secondo il racconto della vittima, lo hanno legato (utilizzando anche delle fascette) e picchiato per ore. Uno dei due è scappato, a quanto pare nel suo Paese natale; l’altro, domiciliato a Gemonio, è stato invece rintracciato venerdì a Maccagno e sottoposto a fermo. Provvedimento che è stato convalidato ieri, lunedì 8 settembre, dal giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Varese Alessandro Chionna, che ha disposto la custodia cautelare nel carcere dei Miogni, come chiesto dalla Procura. Nessuna traccia, invece, degli altri due sequestratori.
Nell’interrogatorio davanti al gip, il fermato (difeso dall’avvocato Chiara Manna) ha negato di aver partecipato al sequestro con tortura. Si sarebbe limitato - questa è la sua versione - ad accompagnare un suo connazionale a Torino, dove si trovava la persona offesa che lo ha poi riconosciuto come uno dei suoi aggressori. Una “spedizione” nel capoluogo piemontese che sarebbe stata organizzata per prelevare la vittima - in realtà residente in provincia di Piacenza - e portarla nella casa di Azzio.
L’obiettivo? Convincere, con la violenza, il 63enne a restituire i soldi che gli erano stati prestati da un connazionale. Una somma in dirham (la moneta del Marocco) equivalente a quasi centomila euro, che l’uomo avrebbe dovuto restituire a tassi che gli inquirenti ritengono usurari. Ma che avrebbe riconsegnato solo in parte. Da qui l’aggressione.
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