L’INDAGINE
Si sposa e torna in Italia: manette
Albanese espulso si gioca la carta del matrimonio, ma gli va male

L’avevano espulso subito dopo l’espiazione della pena. A firmare il provvedimento con divieto di reingresso, nell’ottobre del 2021, era stato il prefetto di Varese.
L’espulsione e il rientro
Perciò, l’avevano imbarcato a Malpensa su un volo diretto a Tirana con l’obbligo di non tornare più per i prossimi dieci anni. Ma Kristjan, albanese classe 1992, di attenersi a quel diktat non ne ha voluto sapere. Così, un paio di mesi dopo l’espulsione, ha pensato bene di fare rientro nell’area Schengen. In altre parole, si è materializzato alla frontiera belga presentando un passaporto albanese nuovo di zecca, ma con generalità diverse. Dal passaporto era sparito il cognome che aveva da celibe, ma era invece indicato il cognome acquisito della moglie, cittadina italiana, luinese della Valganna, sposata poco prima di Natale del 2021. Era convinto che con lo stratagemma di adottare un cognome diverso da quello con cui era stato espulso nessuno avrebbe avuto più da ridire sul suo ritorno e sulla sua permanenza nel Belpaese.
L’arresto e la condanna
Non è andata così. Nel dicembre del 2022 lo hanno arrestato per violazione del Testo Unico sull’immigrazione, dopodiché lo hanno condannato ad otto mesi di reclusione all’esito di un giudizio con rito abbreviato. D’altronde, la legge parla chiaro: lo straniero espulso non può rientrare nel territorio dello Stato senza una speciale autorizzazione da parte del Ministro dell’Interno. Autorizzazione che, nello specifico, non c’era, né c’è mai stata. La sentenza di condanna, emessa dal giudice del Tribunale di Varese Luciano Lucarelli, è stata confermata ieri dalla terza Corte d’Appello di Milano.
Prima il carcere, poi altra espulsione
Ciò significa che, una volta passata in giudicato ed espiata la pena, l’albanese, nonostante il suo nuovo cognome italiano, dovrà essere di nuovo espulso con accompagnamento immediato. Infatti, per lui vale sempre il provvedimento di espulsione del prefetto di Varese di quasi quattro anni fa. In teoria, ci sarebbe stato il modo di stoppare la “cacciata” dall’Italia. Come? Dimostrando la prova della convivenza effettiva con la moglie, cittadina italiana, nel nostro Paese. Ma così non è stato. I riscontri anagrafici e l’autocertificazione non sono stati considerati sufficienti e il contratto di affitto della coppia di Valganna è risultato intestato solo alla donna. Elemento che ha anche fatto pensare a un possibile matrimonio combinato.
Voleva il permesso di soggiorno...
Una curiosità: a Kristjan si è giunti perché lui stesso si è presentato in Questura a Varese per depositare l’istanza per il rilascio del permesso di soggiorno. Naturalmente nella richiesta aveva indicato le generalità con il cognome assunto dopo essere convolato a nozze con la donna luinese. Convocato presso l’ufficio immigrazione della Questura varesina, è stato sottoposto a rilievi dattiloscopici e, così facendo, è saltato fuori che l’albanese che richiedeva il permesso di soggiorno non era altro che l’uomo espulso l’anno prima. Non una mossa delle più furbe: ai suoi polsi sono immediatamente scattate le manette.
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