VOGLIA DI VIVERE
Sorpresa a Sacconago: il 98enne Ginetto suona il pianoforte in chiesa
Poeta e scrittore, Virginio Grilli si schermisce: «Ho alzato la testa dalla tastiera e ho visto che avevo anche un pubblico»

Chi è passato per la Chiesa Vecchia di Sacconago, lo scorso sabato, di certo non se lo aspettava uno spettacolo del genere: il poeta e scrittore Ginetto Grilli, bustocco benemerito, seduto a un pianoforte verticale, uno dei sei distribuiti per Busto Arsizio dall’associazione Cieli Vibranti nell’ambito di Suonami!.
«Ho strimpellato qualcosa» si schermisce Ginetto, rifacendosi a quel topos modestiae che accomuna tutti gli artisti: «E mi son meravigliato, perché a un certo punto alzo la testa dalla tastiera e vedo che avevo anche un pubblico: “suona il Ginetto”, dicevano, “suona il Ginetto!”».
IL CANTORE DI SACCONAGO
Virginio “Ginetto” Grilli, classe 1925, è molto noto in città per le poesie in dialetto bustocco, tali da consacrarlo a vero e proprio cantore di Busto Arsizio e soprattutto del suo rione, Sacconago. Cinque anni fa il comune gli ha concesso la civica benemerenza, riconoscendo pubblicamente il gran valore della sua opera. «Non c’è un momento preciso in cui mi è nata la voglia di fare poesia - si racconta Ginetto - È qualcosa che mi son trovato addosso». Se qualcuno ha il merito di averlo diretto verso la letteratura, comunque, quello dev’essere padre Silvestro Pozzi, frate francescano, insegnante di italiano e storia al ginnasio frequentato da Ginetto, e ancora oggi ben stampato nella sua memoria: «Io lo vedo ancora che va su e giù fra i banchi, e intanto recita. Lui sapeva a memoria un brano dei Promessi Sposi, quello della madre di Cecilia che scende a posare la sua figlia sul carro dei monatti. Me lo sento ancora, come un’eco! Sì, si può arrivare al punto di far piacere a ragazzi di seconda ginnasio brani dei Promessi Sposi». Né Grilli fa mistero di quanto amasse studiare a memoria le poesie, tanto che una volta, per premiare il suo entusiasmo, gli fecero fare il giro di tutto l’istituto col compito di declamare l’ode Il 5 Maggio.
LA SCELTA DEL DIALETTO
Anni dopo, però, diversamente da quella del Manzoni, la produzione di Ginetto si sarebbe caratterizzata per un’audace scelta linguistica: la scelta di scrivere nel dialetto di Busto Arsizio, a dispetto tanto dell’italiano standard quanto del più diffuso dialetto milanese (utilizzato ad esempio da Franco Loi, altro celebre poeta novecentesco). «Un dialetto come questo lo parliamo solo noi» spiega Ginetto: «Il bustocco, pur facendo parte dell’isoglossa dei dialetti lombardi, ha tutta una sua particolarità. Mi sembrava che se non avessimo lasciato qualche cosa di questa nostra parlata, che è molto singolare, allora sarebbe andata a finire nel nulla».
IL RISCATTO
Un riscatto dall’oblio imminente, quello perseguito da Grilli; e non solo a vantaggio di un idioma, il bustocco, che è in via d’estinzione, ma anche delle stesse esperienze e tradizioni che in quella lingua il nostro Ginetto ha voluto raccontare: «Visto che tra un anno busserò alla porta del secolo, mi sento in dovere di lasciare qua tutto quello che ho visto e quello che mi hanno insegnato. Di ciò che sappiamo io e i miei coetanei, se lasciamo passare una generazione va tutto nel dimenticatoio». In merito a eventuali progetti futuri, Grilli è categorico: «Mi preparo a tirare i remi in barca. Alla sera, quando dico le orazioni, ripeto le parole del vecchio Simeone: Dimittis, Dominum, servum tuum» aggiunge ridendo. Su una cosa, però, Ginetto è ben determinato: poter dire di aver raggiunto l’età del doppio zero: «Sarebbe illogico, no? Che senso ha fare 98 anni e poi non toccare i cento!»
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