ATTI PERSECUTORI
Stalker condannato, la vittima chiede di liberarlo
Malnate, l’ex compagna: «Il divieto di avvicinamento a me? Non serve»

Gli atti persecutori. La condanna. E la richiesta della vittima: «Non voglio che abbia il divieto di avvicinamento». La vicenda è avvenuta a Malnate, l’epilogo giudiziario nel tribunale di Varese. Ricostruiamola. Il giudice lo condanna a due anni di reclusione per atti persecutori contro la ex. E lei si dichiara favorevole alla scarcerazione dell’imputato, il padre di sua figlia: «Non voglio che abbia il divieto di avvicinamento nei miei confronti». In altre parole, lasciatelo pure uscire. «Oggi io non ho paura di lui», ha precisato la giovane lasciando il Tribunale di Varese.
MESSAGGI, TELEFONATE E INSULTI
Era stata proprio la violazione del divieto di avvicinarsi alla donna, nel febbraio scorso - peraltro solo un’ora dopo che il provvedimento gli era stato notificato - a far aprire le porte del carcere per il ventisettenne di Malnate. «Dopo la fine della relazione con la madre di sua figlia, ha iniziato a tartassarla di messaggi e telefonate, con minacce e insulti, sempre per motivi di gelosia - ha spiegato il pubblico ministero Arianna Cremona nella requisitoria conclusa con la richiesta di condanna, appunto, a 24 mesi -. Minacce e insulti rivolti anche ai genitori di lei, talvolta persino davanti ai carabinieri». Qualche esempio citato dalla pubblica accusa? «A costo di fare la galera, vi uccido... Io non guardo in faccia nessuno... Vi brucio la macchina, faccio una strage», alcune delle frasi incriminate.
LA VIOLENZA SMENTITA
Gelosia che avrebbe spinto l’imputato anche a picchiare la ragazza, che però nel corso dell’istruttoria ha smentito quell’episodio di violenza fisica. Del resto, che la vittima dello stalking non avesse più intenzioni bellicose nei confronti dell’ex convivente lo dimostra il fatto che non si sia nemmeno costituita parte civile nel processo. Il pubblico ministero ha ricordato come la donna venisse seguita dall’ex, come quella volta in cui lei uscì a cena con delle amiche e al ritorno a casa lo trovò dietro il cancello: «Dove sei stata?», le chiese. E in altre occasioni lui si attaccava al citofono, suonandolo fino all’esasperazione. Insomma, comportamenti che, per il pm, hanno provocato nella giovane un perdurante e grave stato di ansia o di paura.
LA DIFESA
Di tutt’altro avviso il difensore del 27enne, l’avvocato Corrado Viazzo, secondo il quale non si può parlare di stalking a fronte di fatti avvenuti in un arco temporale «così breve» (novembre 2023-gennaio 2024). «Comunque il quadro - ha affermato - non è così fosco come è stato dipinto», tanto che «la persona offesa è venuta in aula a difendere l’imputato. Che ha avuto sì un pessimo comportamento in Tribunale, ma ciò è frutto del profondo dolore per non poter vedere la figlia, nei cui confronti non ha mai avuto comportamenti impropri». Da qui l’istanza di sostituire la misura cautelare della custodia in carcere con il divieto di avvicinamento alla sola persona offesa, e non anche alla bambina. A quel punto il giudice Rossana Basile ha chiesto il parere della donna, che ha dato l’ok, andando persino oltre la richiesta della difesa e dichiarando di non aver alcun timore a incontrare il suo ex. L’ultima parola, però, spetta al magistrato.
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