SUL CONFINE
Svizzera: «Abbassare la franchigia Iva»
Per frenare lo shopping in Italia il Senato elvetico punta a ridurla da 300 a 100 franchi

La volontà della Svizzera di frenare il turismo degli acquisti verso le province di confine - il problema esiste anche alle frontiere francesi e tedesche - ha portato nei giorni scorsi a nuove proposte. La riduzione della franchigia Iva nel traffico turistico non va solo dimezzata per portarla a 150 franchi come prevede il Consiglio federale - quindi il Governo - bensì ridotta a 100 franchi. È il parere della Commissione dell’economia e dei tributi del Consiglio degli Stati (Cet-S). Quest’ultimo è l’equivalente del Senato italiano.
LA BATTAGLIA
Il motivo di un simile taglio deciso all’unanimità, come detto, è quello di contrastare il turismo degli acquisti, riportando in Svizzera la creazione di valore, come si legge in una nota dei servizi parlamentari. Ciò vuol dire far respirare i negozi e le attività che vi sono nelle cittadine dei Cantoni.
L’ente ha ricordato che attorno al 20 agosto già la Commissione omologa dell’altro ramo del Parlamento, il Consiglio nazionale, aveva raccomandato al Consiglio federale di portare la franchigia dai 300 franchi attuali a 150, come chiesto d’altronde da una mozione approvata dal Parlamento. Questo limite andrebbe tuttavia abbassato ulteriormente secondo la Commissione degli Stati. Una minoranza di quest’ultima istituzione crede invece che un dimezzamento della franchigia avrà conseguenze sul potere d’acquisto delle persone con reddito modesto, provocando allo stesso tempo un aumento della burocrazia.
LA SITUAZIONE ATTUALE
Attualmente, il ticinese o più in generale lo svizzero che fa la spesa nel Varesotto o nel Comasco, come anche nei borghi francesi appena fuori dalla Svizzera romanda, per un totale fino a 300 franchi non deve dichiarare nulla in dogana e non deve quindi pagare alcuna tassa. Con l’obiettivo di scoraggiare il turismo degli acquisti e diminuire l’attrattiva dello shopping fuori dal territorio elvetico, il parlamento a Berna ha accolto una mozione volta a riequilibrare questa franchigia. Nel novembre 2023, il ministero delle finanze elvetico ha quindi presentato un progetto in merito, proponendo di abbassare la franchigia a 150 franchi per persona a partire dal 1° gennaio 2025. Un taglio più drastico, era stato fatto notare all’epoca, incrementerebbe eccessivamente il lavoro di sdoganamento e i controlli ai valichi di frontiera.
L’associazione dei commercianti al dettaglio Swiss Retail Federation (come l’Unione svizzera delle arti e mestieri) vorrebbe che il limite di esenzione dall’Iva venisse portato a 50 franchi, in quanto il sistema attuale svantaggia il settore elvetico. Il dimezzamento a 150 franchi non basterebbe a risolvere il problema. Anche per Economiesuisse l’adeguamento previsto non è sufficientemente vantaggioso. Ridurre la franchigia non affronta infatti la questione fondamentale dei prezzi elevati nella Confederazione.
LA FRONTIERA SAPRÀ ATTUTIRE IL COLPO?
Difficile dire se queste decisioni avranno un impatto a breve termine sull’economia di frontiera. Alla metà di agosto, interpellato in materia, il presidente di Ascom Confcommercio Luino, Franco Vitella, disse convintamente che se passasse un provvedimento del genere, non ci sarebbero importanti ricadute. Se anche fosse minore la franchigia decisa da Berna - disse quasi profetizzando quanto si stava per decidere - non si porrebbe un grosso problema perché da questa parte della frontiera i prezzi sono più bassi di un terzo o della metà, quindi gli svizzeri - disse - verranno lo stesso a fare acquisti in Italia, soprattutto nel settore alimentare. Già, perché a far la parte del leone nei carrelli della spesa dei ticinesi, sono proprio i prodotti alimentari, dove il delta dei costi è maggiore.
© Riproduzione Riservata