«Tanti problemi al Ps di Varese ma non è l’inferno»
Il primario Walter Ageno: «Turni difficili e logoranti per prendersi cura di tutti»

Leggo questa mattina una lettera che descrive “l’inferno” nel nostro Pronto Soccorso. In questi giorni, sulla stampa nazionale e non solo, si leggono spesso articoli sulle difficoltà dei Pronto Soccorso in carenza cronica di medici e infermieri e sulle violenze non solo verbali che subisce il personale che lavora nei Pronto Soccorso. I problemi sono tanti e chi lavora in prima linea fa di tutto per cercare di gestire emergenze, urgenze e tantissime prestazioni non urgenti richieste comunque alla nostra struttura. Con turni difficili e logoranti, prendendosi cura di tante situazioni complesse sotto vari punti di vista, nonostante tutto.
COLLABORAZIONE CON L’UNIVERSITA’
A Varese, anche grazie al ruolo dell’Università, stiamo lavorando per tornare ad essere attrattivi, anche per il lavoro nell’ambito dell’urgenza, grazie alla formazione e alla valorizzazione della figura del medico e dell’infermiere urgentisti, e stiamo piano piano cercando di invertire il trend degli abbandoni dei medici che continua a registrarsi in tutto il mondo. Abbiamo ripreso a crescere grazie all’entusiasmo di tanti giovani e alla dedizione dei più “anziani”. Ma il trend si inverte anche con il rispetto verso chi lavora in emergenza e urgenza e svolge un compito estremamente delicato, critico per la funzione del sistema sanitario.
PARAGONI CHE STRIDONO
Ovviamente, dispiace che chi scrive abbia vissuto così male la sua permanenza in Pronto Soccorso. Dispiace anche che abbia scelto di utilizzare dei paragoni che stridono sia con la missione del luogo a cui vengono riferiti, che ogni giorno accoglie e gestisce fino a 200 persone, sia con il servizio specifico ricevuto in quella sede da lui personalmente, ovvero cura e assistenza.
È opportuno ricordare che il Pronto Soccorso è la struttura dell’ospedale deputata alla gestione delle emergenze e delle urgenze. Non è un reparto, non ha posti letto e camere di degenza e bagni dedicati a ciascun paziente. Il Pronto Soccorso, ovunque, non solo a Varese, è fatto di sale visita e sale di attesa, di aree per l’osservazione intensiva, sale gessi e sale chirurgiche, dove i pazienti sono inquadrati dal personale infermieristico in fase di triage e indirizzati in base alle priorità e necessità verso percorsi diversi, dove i professionisti specialisti dell’urgenza ed emergenza lavorano in squadra insieme a tanti altri specialisti per offrire a ciascun paziente la migliore accoglienza, diagnosi e cura possibile. Una cura che nell’80-85% dei casi inizia e finisce in Pronto Soccorso, magari richiedendo una notte di osservazione nella struttura stessa, come nel caso specifico, mentre negli altri casi richiede di essere proseguita in un reparto di degenza, altre volte ancora viene continuata al domicilio del paziente con il medico di Medicina Generale. Il lavoro di infermieri, personale ausiliario e medici è sicuramente aumentato dalle difficoltà che si hanno a ricoverare i pazienti in tempi rapidi, e comprendiamo il grande disagio di chi deve trascorrere molte ore in attesa del vero ricovero, in un reparto. Purtroppo, siamo consapevoli del fatto che l’attuale carenza di molte figure professionali, a partire dagli infermieri, non consente, a Varese come altrove, di attivare tutti i posti letto di cui invece si dovrebbe disporre.
NESSUNA GIUSTIFICAZIONE
Queste argomentazioni non vogliono essere una giustificazione dei disagi riferiti dall’autore della testimonianza pubblicata, di cui siamo consapevoli, anche se per gli stessi temi, dall'assistenza clinica agli aspetti logistici e organizzativi, riceviamo anche molte manifestazioni di apprezzamento e stima, che però ricevono meno risalto all’esterno. Piuttosto, queste argomentazioni vogliono contribuire a capire il contesto in cui l’episodio va inserito.
Il caso descritto fa riferimento ad una situazione gestita clinicamente in maniera corretta. Il paziente è stato visitato nei tempi previsti dal suo codice di priorità, ha eseguito gli accertamenti previsti ed ha avuto indicazione ad un’osservazione di alcune ore per poter essere dimesso in sicurezza. Dal punto di vista organizzativo, non si trattava di un ricovero, ma di un periodo di necessaria osservazione nella struttura di Pronto Soccorso. Restano gli aspetti del comfort, tutt'altro che secondari e di cui siamo assolutamente consapevoli: è su quelli che si sta lavorando per introdurre dei correttivi, per migliorare le condizioni legate alla privacy e alla sicurezza. Ci sono alcuni progetti che prevedono degli interventi strutturali che permetteranno di creare delle stanze in cui tenere in osservazione i pazienti e altre riservate a chi invece deve essere ricoverato. Progetti che sono stati rallentati dall’emergenza Covid, che ha chiesto altre forme di ristrutturazione del Ps, sacrificando gli spazi, a partire dalla sala di attesa. Emergenza che, per fortuna, sembra sul punto di terminare. Si sta lavorando in questo senso, in linea con le indicazioni di Regione Lombardia e con il supporto della stessa Regione: il miglioramento, anche dal punto di vista strutturale, ci sarà. Tenendo conto, però, che si tratta di un servizio deputato all’emergenza, non dimentichiamolo. Non un girone dantesco, ma un luogo di accoglienza e cura per chiunque arrivi con un bisogno urgente di salute, a qualsiasi ora. Un luogo che va protetto e rispettato, mentre, come altrove, è troppo spesso teatro di episodi di violenza e aggressioni ai danni del personale sanitario.
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