POLEMICHE E ACCUSE
Tensione in Consiglio per il Remigration Summit: mozione bocciata
La richiesta delle opposizioni di censurare la concessione del Teatro Condominio non passa. Scambi accesi e un dito medio in aula

La mozione presentata dalle opposizioni sul Remigration Summit non passa (bocciata 14 a 9). Quello che è andato in scena ieri sera, mercoledì 4 giugno, a Gallarate, è stato un Consiglio comunale a tratti più simili a un incontro di boxe che una discussione politica con ganci e montanti assestati (con più o meno livore) da destra a sinistra per ribadire le proprie posizioni. I toni restano accesi per tutto il dibattito, il pubblico rumoreggia tra applausi e commenti e poco prima del voto finale c’è anche spazio per un dito medio dal pubblico all’indirizzo del presidente del Consiglio comunale Marco Colombo.
COLPA DI CHI?
Il Remigration Summit – come prevedibile – si conferma l’asso pigliatutto del Consiglio comunale tanto da dettarne i ritmi fin dalle prima battute. Fin dal primo momento la tensione a palazzo Broletto è palpabile, sia tra i consiglieri sia tra il pubblico (che rumoreggia a più riprese) che fa registrare il quasi tutto esaurito. Quasi a sorpresa il primo a parlare del tema è proprio il sindaco Andrea Cassani – bersaglio di tutte le accuse delle minoranze – nel corso delle comunicazioni. «Noi – afferma Cassani – come centrodestra non siamo qui a sostenere la remigrazione o a difendere chi ne parla ma per difendere la democrazia e la libertà di pensiero che voi sedicenti antifascisti, in modo assolutamente fascista volete impedire». Ed è proprio il primo cittadino, mezz’ora dopo, passando dalle comunicazione al question time del Partito democratico (presentato dal consigliere Carmelo Lauricella), a far sapere che la richiesta è arrivata l’11 maggio ai gestori del teatro che – nella stessa giornata – hanno scritto a Cassani per capire come gestire la pratica. «Non vogliamo prendere decisioni autonome che vanno al di sopra della gestione quotidiana», scrivono da Melarido al sindaco. Cassani, spiegando che, pur trattando di tematiche delicate, «lo fa in modo costituzionalmente consentito» e quindi «non intravedo una motivazione per negare questa possibilità». In altre parole, come evidenzia Lauricella, «non ha detto sì, ma ha mancato quel no che avrebbe impedito lo svolgimento dell’iniziativa». E qualcuno, a microfoni spenti, commenta: «Quindi è colpa del teatro?».
APPELLO ALLE COSCIENZE
«La mozione si rivolge alle coscienze dei consiglieri», interviene il capogruppo del Partito democratico, Giovanni Pignataro: «Questa è una mozione per ridare dignità a Gallarate non per dividere». Un appello ribadito a più riprese anche dai suoi colleghi di opposizione e un invito a smarcare Gallarate «da parole e idee odiose e che, per quanto uno possa tentare di imbiancarle, nella sostanza restano odiose e indicibili», interviene Davide Ferrari (Pd). «Vi siete trincerati dietro le peggiori scuse, a difesa di teorie che fanno rabbrividire: le vostre contraddizioni e ipocrisie sono sotto gli occhi di tutti – aggiunge Cesare Coppe (Città è Vita) che parla di una città al contrario – abbiate, per una volta, il coraggio di votare in coscienza una mozione chiara che non solo prende le distanze da bracci tesi, nazisti e xenofobi, ma riafferma il principio che il sindaco non è il padrone di ciò che pubblico, non è lo sceriffo della città, non è il podestà». Sonia Serati (+Gallarate) ha puntato i riflettori “contro” «i gruppi politici che qui si rifanno all’etica cristiana ma nei fatti non capiscono la differenza tra etica e morale comune». Duro anche Massimo Gnocchi (Ocg): «Tutto questo poteva essere evitato». «Era necessario e opportuno concedere a chi professa la deportazione di massa una sala pubblica, infangando così l’onorabilità della nostra città? – domanda Michele Bisaccia (lista Silvestrini) – La risposta è scontata». «Vi credete assolti, ma siete per sempre coinvolti», chiosa Pignataro citando Fabrizio De André.
LIBERTÀ DI ESPRESSIONE
Il centrodestra compatto porta avanti la sua tesi, ovvero la libertà di espressione (anche di idee che non si condividono). «Noi non censuriamo l’operato del sindaco perché – precisa Michele Aspesi (lista civica Cassani) – la convention a Gallarate non è stata impedita dall’ordine costituito, con quale autorità avrebbe voluto farlo il sindaco?». Chiara anche la posizione di Luigi Galluppi (Centro popolare): «L’unico limite accettabile è ciò che la legge considera il reato, questo è un principio laico e liberale che credo sia condiviso da tutti». Ai principi e alla legge si rifà anche l’intervento di Luca Sorrentino (Fratelli d’Italia): «Secondo alcuni nel teatro c’è stata apologia del nazismo, state dicendo un’affermazione gravissima, perché se le forze dell’ordine presenti non hanno denunciato quelle persone, hanno commesso violazione di atti d’ufficio. Dobbiamo sgomberare il campo da questo equivoco: il richiamo alle leggi antifasciste è improprio». Evelin Calderara (Lega) parla di «fucilazione verso la maggioranza (da parte delle opposizioni, ndr) ma Gallarate non è xenofoba, razzista o antisemita». Il capogruppo e segretario di Forza Italia, Calogero Ceraldi, ha ribadito che il suo partito «ha sempre condannato con fermezza ogni forma di razzismo, antisemitismo e discriminazione» e che «il nostro rifiuto non è un silenzio, né tantomeno un’ambiguità, è una posizione coerente con il nostro stile».
TENSIONI E DITO MEDIO
Applausi, commenti e fischi dal pubblico hanno scandito i momenti e delle serata. «Si vergogni»: urla una persona dal pubblico a dibattito appena iniziato e il presidente del Consiglio comunale, Marco Colombo, sospende per 25 minuti il consiglio. «Gli unici fascisti che vedo io sono quelli che non fanno parlare gli altri», aggiunge Colombo prima di uscire dall’aula tra il brusio del pubblico. Brusii che proseguono e, pochi istanti prima del voto, Colombo fa allontanare una donna dalla sala («È tutta la sera che continua ad offendere») e che in risposta fa il dito medio.
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