SOTTO LE BOMBE
«Testimone involontaria di un’immane tragedia»
Il racconto di Paola D'Anna: da Gerusalemme a Varese, passando da Sharm

Porta stampata nel cuore e nella mente l’immagine di suo nipote Nadir che prega per la pace. Lo fa sulla pietra dell’unzione nel Santo Sepolcro di Gerusalemme, dove secondo la tradizione cristiana, il corpo di Gesù fu unto con oli aromatici prima della sepoltura. Ha questa immagine negli occhi Paola Dominici D’Anna, varesina di Velate, madre di Lucia D’Anna, la violoncellista che vive a Gerusalemme e tante volte ha testimoniato gli orrori della guerra.
MISSILI E ALLERTE
Ora che i missili hanno avuto una escalation e che il conflitto coinvolge tutto il Medio Oriente (l’Iran risponde ai raid Usa e Israele bombarda i simboli del regime a Teheran) racconta, a distanza di pochi giorni dal suo ritorno in Italia, quanto è stato difficile uscire da Gerusalemme e da Israele. «Sono stata testimone involontaria di una immane tragedia», dice Paola D’Anna, 64 anni compiuti poche ore dopo l’apertura di un nuovo fronte di guerra, quello tra Israele e Iran.
TUTTO E’ CHIUSO
«Non sono stata lì in vacanza, ero lì per aiutare mia figlia e quando sono partita dall’Italia la situazione non era di certo quella di pochi giorni dopo», quando l’offensiva israeliana contro le infrastrutture nucleari iraniane ha di fatto decretato l’inizio del conflitto tra Israele e Iran.
«La vita in Città Vecchia trascorreva in modo normale, anche se tutto è chiuso, si incontrava solo qualche religioso e qualche residente. Eppure venerdì 13 sembrava ancora un giorno come altri, prima dei missili. Siamo stati alla festa di Sant’Antonio con frati francescani, ho incontrato il cardinale Pierbattista Pizzaballa - racconta la donna -. Poi, l’incubo. Ho sentito le sirene per la prima volta in vita mia, ho visto puntini luminosi nel cielo, erano i droni spia iraniani, poi sono arrivati i missili. È cominciato un incubo».
GIORNI DI INCERTEZZA
Settantadue ore dopo, riunione di famiglia e la decisione di partire. Dove, come? Paola Dominici D’Anna avrebbe dovuto rientrare con un volo di linea oggi. Invece. Viaggio della speranza verso Taba, passaggio del confine con l’Egitto, dieci ore in van e pulmino, sosta in piedi interminabile alla frontiera, due perquisizioni corporali, l’arrivo in uno stato di confusione e paura, con altre dieci persone tra cui due bambini, a Sharm el Sheikh.
SOLDI CONTANTI
L’attesa di un volo, il ritorno in Italia. «Sono riuscita ad arrivare a Sharm, e poi in Italia grazie a mia figlia che parla bene anche l’arabo e che mi ha affidato a persone che sapeva fidate. Chi non ha soldi contanti non può tornare - racconta la donna, ancora provata -. Ho superato check point con soldatesse israeliane con il mitra spianato. A Lucia ho detto: la mia libertà è finita completamente, non riuscirà mai a tornare in Italia. Devo ringraziare mia figlia e la sua famiglia se sono qui e vorrei anche dire grazie a una persona di Varese, Elena Benzi dell’Axa, per le rassicurazioni che mi ha fatto avere durante questo viaggio di paura e angoscia».
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