IL PERSONAGGIO
Top Gun alla varesina
La scelta controcorrente di Lucia Franzetti, trent'anni, una delle pochissime donne pilota militare di elicotteri

Lucia è nome troppo gentile, troppo manzonianamente delicato perché si possa d’istinto associarlo ad una divisa militare. Eppure, se pensiamo proprio alla futura sposa di Renzo “sul ramo del lago di Como“, un’affinità con la protagonista della nostra storia balza agli occhi: entrambe sono determinate a raggiungere lo scopo che si sono prefissate. Lucia Mondella nel convertire l’Innominato, Lucia Franzetti nel servire l’Italia con i gradi sulle spalline. Non fatevi idee strane. La “nostra” Lucia continua a essere molto femminile anche così, da ufficiale pilota di vascello alla guida di un AgustaWestland AW101, elicottero multiruolo da 15 tonnellate.
Trent’anni, viso affilato, un fisico irrobustito da ore e ore di durissimo addestramento, eppure ancora esile, un compagno di vita accanto a lei, iniziò a coltivare l’idea della carriera militare forse già alle scuole medie di Cuveglio, poi di sicuro al Liceo Scientifico Cobianchi di Intra. Quando, ottenuto brillantemente il diploma, comunicò la decisione ai genitori, la sorpresa fu assoluta. Lo ricorda mamma Angela: «È sempre stata una persona rigorosa, pragmatica, persino un po’ rigida. Dunque, alla fine, si trattò di una scelta coerente e, da parte nostra, la accettammo con sorpresa, ma anche con piacere. Lucia stava andando verso una meta che sentiva davvero come propria. Quando poi, alla nostra domanda sul motivo di una decisione tanto affascinante, quanto rischiosa, ci rispose con un perentorio “sento di dover fare qualcosa per il mio Paese”, capimmo che quella era la strada». Papà Paolo si trincera dietro le parole della moglie, ma s’intuisce il legittimo orgoglio di «avere una figlia così»: «Non provo timori per la professione di mia figlia. È seria e ben preparata. Aggiungo che sono orgoglioso di averle insegnato una cosa che non sapeva fare e le hanno chiesto: il nuoto subacqueo. Nel mio piccolo...».
Raggiunta durante un breve riposo tra una missione e l’altra, Lucia si limita a confermare quanto dichiarato a riviste specializzate: «La mia è stata una scelta controcorrente, soprattutto undici anni fa. Volevo fare il pilota e ci sono riuscita. Servo il mio Paese da un ufficio un po’ particolare qual è un elicottero, ma che in fondo non è tanto diverso da un ufficio “normale.” Alla fine, sono una dipendente statale anch’io».
Fa la modesta perché lo è, anche se per arrivare dov’è oggi ha dovuto tirar fuori tutto il suo carattere. Il primo concorso per entrare in Accademia Militare la vede fermarsi davanti al durissimo test di matematica svolto durante il tirocinio a Livorno. Nessun dramma, perché l’anno successivo ci riprova secondo le modalità a lei più congeniali del concorso per allievi ufficiali di complemento. «A me interessava volare». Segue un corso intensivo di inglese e allenamenti estenuanti. Si ripresenta a Livorno e questa volta fa centro.
Un anno di Accademia, da dove solo i tre allievi migliori (e Lucia è tra questi) vengono inviati tra Florida e Texas per un biennio di formazione che le consente di ottenere il brevetto di pilota d’elicottero. Il rientro in Italia non è semplice: poche ore di volo e pochi mezzi a disposizione.
Poi l’inserimento nel 1° Gruppo Elicotteri di base a Sarzana (in totale tre piloti donne su cinquanta, in tutta Italia sono una decina) e missioni per il mondo, dal salvataggio della Costa Concordia alle operazioni antipirateria nell’Oceano Indiano, il posto dannato dei nostri due marò prigionieri in India. Una scelta professionale che l’ha delusa? «No, affatto. Mi piacciono ordine, disciplina, anche la gerarchia».
Chiuso il capitolo delle Forze Armate viste dalle generazioni anni Settanta-Novanta come fumo negli occhi, cresce la consapevolezza - alla luce del terrorismo internazionale - che la comunità italiana è vulnerabile e va difesa. Per questo, possiamo contare anche su Lucia.
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