IL DELITTO
«Tra 20 minuti sono lì»: Mirti voleva uccidere?
Delitto di Busto Arsizio: nuovi elementi

Emanuele Mirti si è avvalso della facoltà di non rispondere. Una scelta prevedibile, come era prevedibile la decisione del gip Stefano Colombo: il fermo del cinquantatreenne nativo di Roma - accusato di aver premeditato e poi commesso l’omicidio di Davide Gorla - è stato convalidato ed è stata applicata la misura cautelare in carcere chiesta dal pubblico ministero Flavia Salvatore.
L’avvocato Roberta Bono si è opposta puntando sulla insussistenza degli indizi di colpevolezza e su quello che definisce «vizio procedurale»: la polizia, mercoledì sera, avrebbe raccolto le dichiarazioni di Mirti in assenza del legale, nominato d’ufficio alle 5 del giovedì mattina. Il giudice però non ha trovato traccia di violazioni nel fascicolo trasmesso dalla procura e in quanto agli indizi quelli portati alla sua attenzione sono più che sufficienti per restringere la libertà dell’inquilino di Gorla.
AL LIMITE DELLA DENUNCIA
Il debito di circa 10mila euro, corrispondente agli arretrati degli affitti dell’appartamento di Castellanza, era diventato quasi un puntiglio: i messaggi scambiati tra i due, che sono ora al vaglio degli inquirenti, vertono proprio su quel punto. «Dammi i soldi, altrimenti vado dai carabinieri», aveva scritto Davide a Emanuele nelle scorse settimane. All’inizio di giugno Mirti aveva inviato a Gorla lo screenshot di un bonifico da 9mila euro emesso a suo favore attraverso l’applicazione della banca. Sul conto del commerciante però la cifra non era mai confluita, l’ordine di pagamento può essere infatti annullato. Davide si sentiva raggirato e beffato.
L’APPUNTAMENTO
Dopo l’ennesima discussione, mercoledì pomeriggio Mirti sembrava essersi arresto e a Gorla disse «va bene, ti li do tutti, tra venti minuti sarò lì in negozio, te li porto». Puntuale lo è stato, almeno stando ai tabulati. Ma in via Milano, da Lineacontinua, è arrivato con un sacchetto di plastica bianco, con scritte blu, in cui aveva infilato i vestiti di ricambio. La premeditazione si desume proprio da questa circostanza. Non si sa se anche la lama se la fosse portata dietro, gli investigatori non rinunciano ai tentativi di trovarla perché ha una grande valenza probatoria. La stanno cercando ovunque, insieme alla maglietta e ai pantaloni sporchi di sangue, ma senza successo. Mirti ha portato con sé la busta fino almeno al posteggio di piazza Trento Trieste, oltre le telecamere del circuito cittadino non hanno visto. Da lì a Castellanza il cinquantatreenne potrebbe essersi liberato di quel fardello in centinaia tra cestini, tombini, cespugli, cassonetti, discariche a cielo aperto. La squadra mobile sta verificando l’esistenza di altri impianti di sicurezza, di abitazioni o aziende che potrebbero aver scorto il passaggio della Mg e dell’indagato. La perquisizione domiciliare non ha portato nessun risultato, c’è però una testimone castellanzese che racconta di averlo visto seduto sul marciapiede, davanti all’auto, con macchie ematiche evidenti. Sia alla vittima che a Mirti sono stati sequestrati telefoni, computer, tablet, documenti, chiavette, agende, abbigliamento: nella moltitudine di materiale dovrà pur esserci qualcosa di utile a corroborare l’impianto accusatorio.
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