LA TRAGEDIA
Samarate, Giulia si è difesa dal padre assassino
Le autopsie confermano le martellate inferte alla moglie e alla figlia. Maja: “Non doveva succedere”

L’autopsia eseguita sabato racconta un altro agghiacciante particolare della tragedia di Samarate. Non solo che Alessandro Maja ha ucciso moglie e figlia a martellate (non ancora chiaro con quanti colpi), con l’arma che i carabinieri mercoledì avevano repertato nella villa di via Torino. Ma anche che la ragazza, Giulia, ha cercato di proteggersi. Infatti è stata rilevata una ferita da difesa sulla mano della sedicenne. La giovane, anche se solo per pochi istanti, ha guardato l’orrore con i suoi grandi occhi azzurri e ha capito che non fosse un incubo. Era suo padre, ma aveva il volto di un assassino. Non è possibile stabilire se anche Nicolò si sia reso conto della furia assassina del papà e non è neppure certo che un giorno potrà raccontarlo: il trauma cranico che i medici di Varese stanno cercando di curare è tale per cui potrebbe non avere più memoria dell’aggressione.
LA PERQUISIZIONE
Intanto, sul fronte investigativo, i pubblici ministeri Carlo Alberto Lafiandra e Martina Melita hanno disposto una perquisizione nello studio milanese del cinquantasettenne che si presentava come architetto pur essendo geometra: i carabinieri hanno sequestrato abbondante documentazione ma nulla che al momento abbia dato una chiave di interpretazione al delitto. Possibile che il contenzioso civile davanti al tribunale di Milano fosse l’unico motivo del crollo emotivo e psicologico che negli ultimi mesi aveva abbattuto Maja? Il sospetto è che l’uomo fosse tormentato da altro, qualcosa legato alla sua attività di grossa entità. La famiglia soffriva dell’astenia in cui era caduto, i parenti cercavano di scrollarlo, Stefania aveva pensato di chiedere al medico un rimedio farmacologico. Ma la mattina di mercoledì è precipitato tutto.
MAJA: “NON DOVEVA SUCCEDERE”
«Spiegherò ogni cosa al giudice appena sarà possibile, voglio dire la verità, voglio dire quel che è successo e che non avrebbe mai dovuto succedere», ha detto l’indagato agli avvocati Enrico Milani e Sabrina Lamera durante il colloquio di venerdì pomeriggio in ospedale a Monza, dove il libero professionista di origine milanese è ricoverato ancora (sia per lo stato confusionale in cui versa sia per le ferite che si è procurato con il trapano nel tentativo di togliersi la vita). Questione di giorni e poi verrà trasferito in carcere, dopodiché il gip Luisa Bovitutti potrà applicare la misura cautelare e fissare l’interrogatorio. Gli inquirenti, prima di sbilanciarsi nella ricostruzione di un movente, attendono la confessione del cinquantasettenne. Sulla base di quella, i pm passeranno alle comparazioni e ai riscontri con gli elementi raccolti e le testimonianze di chi aveva rapporti stretti con i Maja e che conosceva le loro dinamiche.
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