LA FOLLIA
Spara al vicino: resta in cella
Convalidato l’arresto del pensionato di Travedona: «Ho risposto a un’aggressione»

Resta in carcere Dante Capitti, il sessantasettenne di Travedona Monate arrestato la sera di venerdì 9 agosto dopo la violenta lite con un suo vicino di casa, ferito da un colpo di pistola.
Il giudice per le indagini preliminari Anna Giorgetti ha infatti convalidato il provvedimento restrittivo e, accogliendo la richiesta del pubblico ministero Federica Recanello, ha poi disposto per il pensionato - incensurato - la custodia cautelare in carcere con l’accusa di tentato omicidio.
Nell’interrogatorio di ieri mattina, lunedì 12 agosto, nella casa circondariale varesina dei Miogni, Capitti - difeso dall’avvocato Bartolomeo Catalano - ha risposto alle domande del gip e ha fornito al sua versione dei fatti.
Sostenendo di aver risposto all’aggressione da parte del vicino, di tre anni più giovane.
La lite tra i due era nata per una questione legata all’utilizzo di un posto auto all’interno del cortile condominiale. Ed era poi degenerata al punto che Capitti, secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, sarebbe salito in casa per prendere un coltello. Ma una volta disarmato, sarebbe tornato nel cortile con una pistola calibro 22 (regolarmente denunciata) dalla quale sono partiti almeno quattro colpi.
Uno ha mandato in frantumi il lunotto della sua auto, un altro ha raggiunto il 64enne tra il torace e l’addome. Capitti è stato poi bloccato da un carabiniere fuori servizio, che lo ha “consegnato” ai colleghi della Compagnia di Gallarate.
Il “rivale” è stato invece trasportato con un’ambulanza dell’Sos dei Laghi all’ospedale di Circolo di Varese, dove è tuttora ricoverato in Terapia intensiva, fortunatamente fuori pericolo.
Capitti ha espresso la speranza che il suo vicino si riprenda e guarisca in fretta. E ha negato che tra loro vi fossero dissidi di lunga data.
Anzi, tra di loro ci sarebbero stati normali rapporti di buon vicinato, tanto che solo un paio di giorni prima avevano preso il caffè assieme e la vittima gli aveva portato in dono delle brioche. Rapporti fino all’altra sera amichevoli, insomma, ha evidenziato il difensore motivando la richiesta di concessione degli arresti domiciliari perché, a suo dire, non c’era la volontà di uccidere ma l’intenzione di fare un “atto di forza”, sfuggito di mano e culminato in una violenza spropositata. Tesi evidentemente non condivisa dal giudice.
© Riproduzione Riservata