IL PROCEDIMENTO
Uccise il padre: avrà la sconto
Biggioggero sarà giudicato col rito abbreviato. Fu il superteste del caso Uva

Alberto Biggiogero, il quarantaduenne arrestato il 17 febbraio scorso per l’omicidio del padre Ferruccio, sarà processato con rito abbreviato.
L’udienza per il momento è stata fissata per il prossimo 23 ottobre, ma potrebbe subire variazioni proprio per via della scelta di ricorrere al rito alternativo dinanzi al Gip, che in caso di condanna garantisce all’imputato lo sconto di un terzo della pena.
Il difensore di Biggiogero, l’avvocato penalista Stefano Bruno, potrebbe chiedere la seminfermità mentale, circoscritta al periodo del delitto e riconducibile al fatto che all’epoca il suo assistito stava seguendo un percorso di disintossicazione dalla droga: insomma, l’omicidio a coltellate sarebbe maturato in un contesto dagli equilibri molto complessi, che quella sera di febbraio andarono letteralmente in frantumi, degenerando nel peggiore dei modi.
La Procura, con il pm Flavio Ricci titolare del fascicolo, ha chiuso le indagini il mese scorso e ha chiesto il giudizio immediato, anche sulla scorta della confessione del quarantaduenne.
L’uomo infatti ha ammesso fin da subito di aver commesso il delitto, e anzi fu proprio lui ad allertare i soccorsi affinché accorressero nell’abitazione di famiglia in viale dei Mille, nel rione di Biumo Inferiore.
Come appurato dagli investigatori della Squadra Mobile della Questura, il delitto maturò in ambito domestico, dove pare che negli ultimi tempi i rapporti fossero piuttosto tesi anche a causa del fatto che Biggiogero era alle prese con un difficile percorso di disintossicazione e alternava le sue giornate tra letto e televisione. Al culmine di una lite col papà Ferruccio, pensionato di 78 anni, Alberto avrebbe quindi impugnato un coltello da cucina e sferrato al papà tre fendenti, di cui uno letale al cuore.
Dopo un lungo interrogatorio in Questura, Biggiogero fu portato nel carcere varesino dei Miogni, da cui poi è stato trasferito in un altro penitenziario dove si trova tuttora.
In base a quanto riferito dal suo avvocato, si disse subito pentito per quello che aveva fatto.
Dal canto suo, Ferruccio era stato ricordato da tutti come un uomo mite e sempre premuroso con quel figliolo che gli aveva dato qualche grattacapo: anche nel processo in Corte d’Assise - dove erano imputati sei poliziotti e due carabinieri, poi tutti assolti, per la morte di Giuseppe Uva avvenuta nel giugno del 2008, e nel quale Alberto era considerato il testimone chiave dell’accusa - il pensionato raccontò per filo e per segno cosa vide e sentì quella notte.
L’anziano, cresciuto nel rione di Valle Olona, aveva lavorato prima al Calzaturificio di Varese e poi all’Ufficio Iva, dedicando il suo tempo anche all’impegno politico, come capogruppo del Psi in Consiglio comunale nella seconda metà degli anni Settanta.
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