IL DIRETTORE
Un bustocco per Brera
Chi è Angelo Lorenzo Crespi, nominato venerdì alla guida della Pinacoteca

L’antica leggenda narra che Busto sia la Manchester d’Italia mentre i bustocchi dovrebbero essere tipi seri e lavoratori, poco inclini allo spasso e al divertimento, parsimoniosi quanto basta per una vita serena e lontana dai pericoli. Dei soggetti rispettabili ma non interessantissimi dal punto di vista artistico e culturale.
La vita, però, è fatta per smentire i luoghi comuni. E la dimostrazione è arrivata puntuale venerdì sera, 15 dicembre, verso l’ora di cena, quando dentro una terna di nomi è stato scelto quello di Angelo Lorenzo Crespi per ricoprire la casella di direttore della Pinacoteca di Brera.
IL POETA E IL CONTADINO
Uno che si chiama Crespi non può levarsi di torno la bollatura di bustocco. Dove ti giri, li trovi sempre. Ne avrò una decina nella rubrica del telefono tra amici, colleghi, ex compagni di scuola e nuove conoscenze. Tutti di Busto o giù di lì. Angelo Crespi, però, è il classico bustocco che sin da giovanissimo smentisce la regola dei dané e laurà. Ama i classici e l’arte. Nasce come promotore e probabilmente presidente di un’associazione di poesia, la cui origine si perde nella notte dei tempi, tanto da venire soprannominato - quando muoveva i suoi primi passi di collaboratore nel nostro amato quotidiano locale - “il poeta”. Che faceva da spalla al “contadino”, altro stimato collaboratore, poi diventato professore universitario, il cui nome non rivelo, ma che chi frequentava in quel periodo la Comunità Giovanile di Busto Arsizio conosce bene. Enorme fucina di talenti questo gruppo culturale-politico che faceva perno sulla geniale visione di Giovanni Blini, morto troppo giovane per dispiegare le sue enormi potenzialità di uomo che sa ascoltare e aggregare, come nessuno mai più ho incontrato sulla mia strada.
AMICO DI SGARBI
Tornando ad Angelo Crespi, i suoi occhi chiari e i riccioli fluenti lo fanno diventare preda prelibata delle ragazze bustocche dell’epoca, finché non si allontana dal suolo natio e prende la strada prima di Milano, dove dirige Il Domenicale, settimanale di cultura promosso dalla società editoriale che faceva capo a Marcello Dell’Utri, e poi di Roma dove fa il consigliere del ministro Sandro Bondi nel governo Berlusconi IV. In questi anni coltiva il suo hobby preferito che è quello dei salotti e accresce a dismisura le sue conoscenze. Uno dei suoi amici è Vittorio Sgarbi. Gli sta vicino nel periodo d’oro, mentre è lunghissimo l’elenco dei personaggi che frequenta e che gli riconoscono stima e rispetto. Un nome su tutti, quello di Francesco Alberoni, che partecipa - per esempio - alla sua festa dei quarant’anni.
PRESIDENTE DEL MAGA
Angelo Crespi intanto arricchisce il suo curriculum con prestigiosi ruoli quali quello di presidente di Palazzo Te a Mantova, membro del cda della Triennale e della Permanente di Milano, del Piccolo Teatro di Milano e della Fondazione Adi-Collezione Compasso d’Oro a Milano. Dall’elenco mancherà di sicuro qualcosa ma mi perdonerà il diretto interessato per la mancanza, non sono esperto in materia. In provincia di Varese la sua figura è di spicco culturale soprattutto per una ragione, perché è stato il presidente del Maga quando è stato inaugurato (2010), portando a Gallarate una bellissima mostra di Amedeo Modigliani con gli allestimenti curati dallo sceneggiatore del Premio Oscar Giuseppe Tornatore. Poi è tornato a raccogliere il testimone di Sandrina Bandera e ha creato un positivo connubio con la direttrice Emma Zanella che ha permesso di portare a Gallarate alcune iniziative molto interessanti, come la mostra di Andy Warhol.
NUOVO RINASCIMENTO
Ora va a ricoprire un incarico che lo pone al centro della sfida lombarda per il rilancio della cultura e componente di quel rinascimento italiano che il ministro Gennaro Sangiuliano vuole realizzare, così da voltare pagina dopo gli anni dell’egemonia di sinistra, durante i quali non potevi essere un uomo o una donna di cultura (e pure di arte e di spettacolo, forse) se non eri da quella parte. Autore teatrale insieme a Edoardo Sylos Labini, Angelo Lorenzo non ha mai abdicato al suo ruolo di innovatore dentro la tradizione. Lo ha fatto anche nei suoi testi - per esempio l’ultimo che s’intitola “Nostalgia della bellezza” - e proprio questa sarà la chiave del suo impegno al vertice della Pinacoteca di Brera.
RADICI E TRADIZIONI
Un bustocco (1968) che dovrà pensare e agire da non bustocco - a proposito di eccellenze, vive nella casa che fu del celebre violinista Uto Ughi - perché sa che i più duri a morire sono proprio i luoghi comuni. Ma non esiste cultura se non sa innovare e andare oltre steccati e convenzioni, ripensandoli senza distruggerli, ma rendendo ancora più salde radici e tradizioni che fanno parte della storia bustocca, lombarda e italiana. Ti aspetta un bel lavoro, direttore.
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