AMPELOTERAPIA
Un grappolo di nutrimento
Da oltre duecento anni esistono luoghi di villeggiatura dove i visitatori vengono guariti con una "medicina speciale"

La cura dell'uva ebbe i primi seguaci in Svizzera e precisamente a Vevey, sul lago di Ginevra, dove fin dagli inizi dell'Ottocento alcuni albergatori ospitavano dei malati, offrendo loro una "medicina speciale". In Italia la cura è arrivata nel 1825, dopo l'apertura del passo dello Stelvio. A Sondrio, in Valtellina, l'Albergo delle Poste, già vecchia stazione delle diligenze, divenne un famoso centro di turismo terapeutico. La Valtellina, infatti, è sempre stata una zona di abbondante produzione di uve da vino, ma gli stessi grappoli maturati al sole sono anche un buon frutto da tavola.
La stagione delle cure iniziava i primi di settembre, per concludersi alla metà di ottobre. Oggi la si può protrarre fino ad inverno inoltrato, poiché l'uva si conserva a lungo negli appositi magazzini di stoccaggio. L'ampeloterapia - come si chiama, con termine scientifico, la cura dell'uva - è particolarmente indicata nei casi di convalescenza, anemia, malattie della pelle, stitichezza atonica (uva con buccia) e spastica (soltanto il succo). Vi sono però alcune controindicazioni: non si addice ai diabetici (per l'abbondanza di zuccheri), ai sofferenti di calcoli renali, di ulcera gastro-duodenale e di enterocolite.
L'uva non contiene soltanto fruttosio, ma anche molti sali minerali (ferro, potassio, calcio, magnesio, sodio e fosforo), oltre a vitamine ed enzimi che stimolano i diversi processi biochimici del nostro organismo. Quando si parla di “cura dell'uva” non s'intende il grappolino che in genere si prende a tavola, alla fine dei pasti, bensì un quantitativo di almeno 1-3 chilogrammi di uva al giorno, per 2-4 settimane, riducendo gli alimenti abituali. Una dieta del genere, poiché non contiene tutti i principi nutritivi, deve limitarsi ad un certo periodo, fissato caso per caso dal dietologo.
Talvolta, un'ingestione abbondante d'uva, con le rispettive bucce, determina in soggetti predisposti dei disturbi intestinali. Di conseguenza è preferibile suddividere la dose giornaliera in 3-4 razioni, da prendere a distanza dai pasti, ma non a digiuno. Con l'uva non si deve bere acqua o altre bevande, ad eccezione di un po' di caffè o di tè caldi per facilitare la digestione. L'uva è comunque facilmente digeribile e presenta un valore calorico di 66-67 calorie per 100 grammi di prodotto, pari a uno stesso quantitativo di latte, oppure 25 grammi di pane o 70 grammi di carne.
Si consiglia di ingerire un acino per volta e quando la razione è abbondante conviene eliminare una parte delle bucce e dei vinaccioli per evitare un accumulo di cellulosa nell'intestino. Conviene anche alternare le diverse qualità di uva, poiché variando il gusto la cura diventa più gradevole e tollerata. Per chi ha l'intestino delicato sono preferibili le uve più ricche di tannini. Per fortuna l'uva non provoca all'organismo gli effetti del vino, poiché gli zuccheri presenti nel succo non si sono ancora trasformati in alcool etilico. Un'ultima raccomandazione: l'uva va sempre ben lavata con acqua corrente e potabile, cioè sotto il rubinetto, per eliminare i residui di antiparassitari, che in concentrazione elevata rappresentano un pericolo per il fegato.
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