LA PROPOSTA
Una cittadella dello sport intorno allo Speroni
L’ex assessore pensa a una cessione dello stadio
Chiamatelo assist fra Luca Bassi e Alberto Armiraglio, fra il momentaneo socio di minoranza della Pro Patria e colui che è deputato a tenere i rapporti con l’amministrazione di Busto Arsizio. L’assist ha un comune denominatore: un calcio sostenibile. Lo ha evocato Bassi su queste colonne, lo rimbalza l’ex presidente e ed ex assessore che mette sul tavolo più d’un argomento.
Da dove cominciamo?
«Da un dato oggettivo che sintetizzo così: la serie C è un’azienda che produce debiti, quelli bravi li contengono, gli altri naufragano. E per tenere a galla questo sport dobbiamo conciliare i costi con i ricavi».
Una bella sfida, non crede?
«Dobbiamo spulciare i libri di storia biancoblù per dire che al vertice si sono passate il testimone quattro famiglie come i Candiani, i Mancini, i Vender e ora Testa, fino all’appoggio di Finnat, che sono state al vertice da sole. Certo non solo conduzioni familiari ma rendiamoci conto che il calcio del futuro, soprattutto in questa categoria, non ha alternative: o trovi Paperon de Paperoni o esplori nuovi sentieri».
E allora proviamo a incamminarci su questi sentieri.
«Un calcio sostenibile mette a disposizione, fra l’altro, un impianto moderno e strutture come una “cittadella dello sport” con al centro lo “Speroni”. Stadio che prima o poi ha bisogno di una manutenzione robusta. Quindi si può prendere in considerazione che lo stadio venga ceduto, il Comune si libererebbe definitivamente di costi gravosi e avrebbe risorse da destinare ad altri settori importanti. Se si vuole una gestione sostenibile sgravando le casse pubbliche si deve incentivare il privato o i privati a mettersi in gioco».
E come si dà il calcio d’inizio di questa intrigante partita?
«Con lo stadio messo a nuovo e occupando le aree circostanti, tutte e magari integrando strutture esistenti, comprese quelle lungo via XX Settembre oggi libere. Aree agricole che potrebbero avere un cambio di destinazione d’uso».
Ma in questo caso al tavolo è invitata la politica.
«Sgombriamo il campo da equivoci: la mia, tanto per stare in tema, non è una invasione di campo, è una proposta che può aprire una discussione all’interno dell’amministrazione comunale, anche in vista di una revisione del Pgt. In Comune possono prenderla in considerazione, discuterla e capire se vale la pensa approfondirla».
Ammesso e concesso che la sua proposta piaccia con che argomenti sosterrebbe le sue idee?
«Semplice: per garantire ai proprietari e ai potenziali investitori un ritorno dei soldi che sborsano si deve avere un’ampia disponibilità di servizi. Pensiamo a una foresteria che accolga i giocatori, compresi quelli del settore giovanile, e aperta magari a studenti della vicina Liuc che possono trovare qui un loro alloggio temporaneo. Non trascuriamo la parte commerciale – niente allarmismi: non l’ennesimo centro commerciale - attigua alla foresteria con un punto di ritrovo anche solo per bere un caffè oppure un posto di ristoro per un piatto caldo. Sempre nel campo dei servizi un centro di medicina sportiva per la preparazione e recupero degli atleti, non solo i praticanti del calcio, che ne potrebbero usufruire».
Nella sua proposta inserirebbe anche una riorganizzazione degli spazi dentro lo “Speroni”?
«Dentro, fuori e nei dintorni. La mia proposta viaggia in diverse direzioni compresa l’immagine che in un mondo governato dalla comunicazione può catturare l’attenzione di chi vuole investire nella Pro Patria».
Ma non è, in questo momento, una Pro scintillante.
«Vero, ma dobbiamo guardare avanti. La società ha ribadito i suoi obiettivi, sarebbe un peccato se la città si facesse trovare impreparata».
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