LA TESTIMONIANZA
Una settimana per un gesso, odissea tra gli ospedali. La replica di Asst
Una varesina di 68 anni va a correre, cade e si rompe il polso. Il suo racconto dal Pronto soccorso del Circolo fino a Magenta

Pubblichiamo la testimonianza di una cittadina dopo una serie di disavventure sanitarie che riguardano vari ospedali della provincia (e non solo).
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Sabato 5 aprile ore 18.30. Sto facendo la solita corsetta nei prati. Cado. Ho le ossa fragili. Mi fa male il polso. Sta a vedere che si è rotto. Devo andare al Pronto soccorso.
Ore 20. Sono al Ps di Varese. Mi danno il braccialetto codice verde. C’è tanta gente in attesa.
Ore 23. Non mi hanno ancora chiamata. Chiedo informazioni. Scopro che i traumi sono in un “limbo”. Esiste una sezione apposita che però è attiva solo fino alle 20, dopo di che anche questi infortuni dovrebbero essere trattati dai medici di turno. Finalmente verso mezzanotte la radiografia. Serve anche una Tac. Ci vorranno alcune ore e diverse sollecitazioni prima che mi accompagnino nuovamente in Radiologia. Frattura del polso. Mi avvertono però che non sono in grado di stabilire se devo essere operata o meno. Nel reparto Ortopedia dell’ospedale da alcuni mesi non c’è uno specialista per le fratture della mano.
Ore 7. Mi praticano una fasciatura rigida.
Ore 8. Mi dimettono. Dovrò prendere un appuntamento entro 72 ore per una valutazione con il Multimedica di Castellanza (struttura convenzionata) o con l’ospedale di Rho.
Lunedì 7 aprile. Mi metto in moto di buona lena perché so che se devo fare una visita ortopedica fuori Varese avrò bisogno delle copie delle radiografie fatte al Ps.
Ore 10. Sono al servizio archivio dell’ospedale. Per avere le copie di ciò che mi serve ci vorrà circa una settimana. Se ho un’urgenza possono chiedere di accelerare. Dovrò comunque pagare 40 euro per i due dischetti.
Ore 10.30. Telefono alla clinica di Castellanza. Dopo mezz’ora di attesa mi dicono che non possono fissarmi un appuntamento entro le 72 ore indicate dall’impegnativa. Diversamente ci vorrà una nuova richiesta.
Ore 10.45. Mi dirigo allo sportello Relazioni con il Pubblico dell’ospedale per avere un supporto. Spiego la mia situazione. Dopo un conciliabolo tra colleghi e una telefonata mi dicono di aver parlato con l’ortopedia di Varese e che posso andare ai loro sportelli per fissare l’appuntamento. Che bello! Mi stavo agitando per niente. Tutto si risolve.
Ore 11.15. Sono al padiglione Santa Maria per l’appuntamento. Prendo il numero. Faccio la coda. L’impiegata mi dice che l’appuntamento me lo può anche fissare ma che non avrà alcuna utilità perché lì non ci sono specialisti per le fratture della mano.
Ore 12. Torno allo sportello Relazioni con il Pubblico. Nuovo conciliabolo e nuova telefonata. Mi fissano per la mattina dopo un appuntamento a Saronno, all’ospedale. Ma come? Al Ps nessuno mi aveva dato Saronno come riferimento. Per sicurezza telefono direttamente all’Ortopedia di Saronno, per sentirmi confermare che no, neanche loro si occupano di fratture della mano. Sicuramente neanche l’ospedale di Rho. Forse Legnano. Ringrazio. Telefono a Legnano. Si, loro fanno quello che mi serve, ma devo prenotare dal Cup e devo procurarmi le copie degli esami perché loro possono avere accesso solo al referto scritto, oppure devo rifare la trafila passando dal loro Ps.
Ore 12.15. Ormai parecchio alterata torno al Servizio Relazioni con il Pubblico. Nuovo conciliabolo. Nuova consultazione telefonica. L’inutile appuntamento che mi hanno fissato a Saronno me lo devo disdire io. Cercano di convincermi che per una visita ortopedica non mi servono le radiografie (chissà su che base il medico deciderà se mi devono operare!). Mi danno un numero di telefono. È il numero verde, quello del servizio regionale per le prenotazioni.
Ore 12.30. Ho bisogno di calmarmi. Torno a casa. Raccolgo le idee.
Ore 13.30. Castellanza! Posso richiamare per verificare se non possono darmi un appuntamento anche oltre le 72 ore indicate da Ps di Varese! Altra mezz’ora di attesa al telefono. No, il primo appuntamento con il Servizio Sanitario Nazionale forse fra un anno.
Ore 14. Chiamo il numero verde Regione Lombardia Milano e provincia. Faccio verificare le disponibilità dell’ospedale di Legnano. No, a loro non risulta ci sia un servizio per le fratture della mano. Altre possibilità Milano e dintorni? «No, ci dispiace. Le passo il collega per verificare Varese». Inutile. «Non sappiamo cosa dirle».
Ore 14.30. Bene. Anzi, no. Malissimo. Ma perché stamane a Legnano mi hanno detto che queste visite alla mano le fanno? Richiamo. Sì, questa specializzazione c’è. Non capiscono perché dal servizio prenotazioni regionale non risulti. Forse perché c’è l’urgenza? Mi conviene andare direttamente al Cup per verificare la disponibilità. L’ufficio è aperto fino alle 18.45.
Ore 15. Io non posso guidare e poi l’autostrada mi fa paura. Per fortuna c’è quel sant’uomo di mio marito. Sì, certo, mi accompagna.
Ore 16. Siamo al Cup dell’ospedale nuovo di Legnano. Decine di persone in attesa. Prendo il biglietto per le prenotazioni. Prima di me 33 persone devono prenotare. Passa un’ora. Le prenotazioni non procedono. Intanto il numero degli sportelli aperti diminuisce. La gente continua ad arrivare. Ma perché le prenotazioni non procedono? «Dovete avere pazienza. Arriverà anche il vostro turno». Gli sportelli aperti alle 17.30 sono solo 3 su 10.
Ore 18. Finalmente il mio turno. No, loro a Legnano praticano la chirurgia della mano. Per l’ortopedico devo andare a Magenta. Io non so più cosa mi serve. «Va bene mi fissi per Magenta». No, domani no perché prima devo recuperare i dischetti con le radiografie a Varese. Venerdì? Va bene, spero di farcela. Le pago addirittura il ticket così non dovrò sorbirmi un’altra coda. Grazie.
Ore 18. Possiamo tornare a casa. Credo mi prenderò qualche goccia di Lexotan. Mi fa male la testa. Domani mattina devo tornare all’ospedale per i dischetti. Quale altra insidia mi attende? E poi venerdì a Magenta non mi diranno mica che sono nel posto sbagliato...
Martedi 8 ore 10. Orario di apertura, sono all’ospedale di Circolo, sportello archivio, con il batticuore, perché ormai temo le sorprese. Non mi garantiscono di riuscire a preparare le copie delle lastre prima di venerdì, giorno della mia visita. «Venga comunque giovedì verso le 12».
Giovedì 10. Alle 10, pronta alla battaglia, mi presento allo sportello Archivio. Le copie non ci sono. Scenda in Radiologia e le chieda direttamente. Dopo una mezz’oretta ho in mano i miei dischetti. Non ho abbracciato l’impiegata della radiologia solo perché aveva una faccia troppo seria.
Venerdì 11. Con un po’ di anticipo sull’ora indicata eccomi al Poliambulatorio dell’ospedale di Magenta. Tutto sembra ben organizzato. Non c’è molta gente in attesa. Non devo aspettare. L’infermiere del reparto è persino simpatico. L’ortopedico che mi accoglie innanzitutto si stupisce di sapere che arrivo addirittura da Varese e poi, viste le radiografie, mi informa che la mia frattura alla fine riguarda il radio e poteva benissimo essere valutata da un generico ortopedico. Ormai sono trascorsi troppi giorni dall’infortunio e non resta che eseguire una bella ingessatura fino al gomito con il polso piegato verso il basso. «Sei giorni di stecca già li ha fatti, rivaluteremo la situazione fra 25 giorni. Ci vediamo il 7 maggio. Nel frattempo si attivi per una visita fisiatrica e veda dove può fare la fisioterapia perché il polso sarà completamente bloccato».
LA RIFLESSIONE
Dove ho sbagliato in tutta questa storia? Ho peccato di presunzione? Mi sono comportata come una sprovveduta? Il destino si è accanito contro di me? Perché tutte le persone che mi vedono con il braccio al collo e a cui sono costretta a raccontare questa storia (mi sono preparata una piccola sintesi) scuotono la testa, concordano con me sul fatto che ormai la sanità pubblica in Lombardia è allo sfascio, che ricorrere al privato per farsi curare è quasi la norma, che non tutti se lo possono permettere e comunque non è giusto (e le nostre tasse?), e poi se ne vanno con l’aria di chi sa che tanto le cose non cambieranno e bisogna rassegnarsi?
AL CIRCOLO L’APPUNTAMENTO
Sono riuscita ad avere a Varese un appuntamento con il fisiatra per quando toglierò il gesso. Almeno questo.
LA REPLICA DI ASST SETTE LAGHI
Dispiace molto per il disagio riferito dalla cittadina di Varese di cui La Prealpina ha riportato la vicenda.
Si conferma che la signora si è rivolta al Pronto Soccorso dell'Ospedale di Circolo, dove è stata visitata dal medico di Medicina d'Emergenza-Urgenza, che ha richiesto la lastra, da cui è emersa la frattura. È stata quindi visitata dall'ortopedico e poi sottoposta ad una TAC. In base all'esito di questo esame, lo specialista ha dato indicazione a procedere con il posizionamento di una stecca.
La paziente è stata quindi dimessa con le indicazioni a mantenere la stecca, ad assumere analgesici al bisogno e a fare riferimento al proprio curante.
Per massimo scrupolo, è stata fornita alla paziente un'impegnativa per una valutazione di Chirurgia della mano, specialità non presente a Varese. Dispiace che la struttura che l'ha presa successivamente in carico non sia riuscita a fornirle tale prestazione. A questo proposito, ASST Sette Laghi sta ottimizzando l'organizzazione interna e la collaborazione con l'HUB per la Chirurgia della mano per la presa in carico di questi pazienti.
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