IL LUTTO
Addio al generale Ferretti
Incastrò terroristi e mafiosi. Mercoledì 24 ottobre i funerali in San Vittore

Prima di sottrarsi alla carezza di sua moglie Mirella e del figlio Nicola, avrà accennato uno di quei milioni di sorrisi dissimulati di cui era capace quando spediva in galera assassini vestiti da terroristi o da mafiosi.
Il motivo? Sapeva di passare da quella carezza all’abbraccio di due amici che l’hanno preceduto: il suo parigrado Carlo Alberto Dalla Chiesa e il luogotenente, amico d’una vita, Armando Ferrante.
Con loro il generale Pietro Ferretti, spentosi poco prima dell’alba di oggi, lunedì 22 ottobre, nella sua casa di via Montello, ha scritto pagine di storia italiana, a Varese e non solo.
L’ultima è arrivata poco meno di un anno fa, con l’ergastolo comminato a Rocco Schirripa, il panettiere della ‘ndrina torinese di Domenico Belfiore. Quella che nel giugno del 1983 assassinò il sostituto procuratore di Torino, Bruno Caccia.
Allora Ferretti, dopo aver comandato il Gruppo carabinieri di Varese, era già capo agente del Sisde, il servizio segreto “laico”, sotto la Mole.
Fu proprio un suo colpo di genio a incastrare Belfiore: convinse il boss dei catanesi Francesco Ciccio Miano, compagno di galera di Belfiore, in lotta con le ‘ndrine e pentito, a infilarsi un registratore nelle mutande. Da lì si aprì l’inchiesta che fece luce sugli intrecci tra mafia e terrorismo nella “capitale” della Fiat. Con un analogo trucco, Ferretti incastrò i brigatisti Vincenzo Gagliardo e Nadia Maria Ponti, il primo aveva ucciso il sindacalista genovese Guido Rossa, la seconda aveva le mani intrise del sangue di due poliziotti, Rosario Berardi e Alfredo Albanese e di un agente di custodia Lorenzo Cotugno. Insomma, carnefici delle Brigate Rosse.
A Varese, accanto all’inseparabile Ferrante, Ferretti indagò su Prima Linea, che aveva una base operativa a Cassinetta di Biandronno, su Ordine Nero e sulle trame mafiose degli Zagari che sfociarono nel maxiprocesso di Isola Felice.
La sua storia nell’Arma è intrecciata a quella di Dalla Chiesa, non solo perché fu proprio il padre di questi, Romano, a esaminarlo e a promuoverlo ufficiale dell’Arma ma perché proprio dalla Compagnia milanese di Porta Ticinese, Ferretti mosse i primi passi, occupandosi della mala e avviandosi alla carriera d’investigatore d’assoluto profilo. Dalla Chiesa lo volle accanto a lui. Poi da Milano, l’allora maggiore passò al Sud Tirolo degli attentatori separatisti e alla Sardegna dell’Anonima sequestri, prima che lo stesso Dalla Chiesa lo caldeggiasse tra i suoi fedelissimi nella lotta alle Br.
Una volta in congedo, semmai questa parola abbia mai avuto un senso per lui, Ferretti fondò il corpo dei Ranger prima e quello dei Royal Wolf Rangers poi.
Da agente segreto non ha mai ottenuto pubblici riconoscimenti.
A lui, ottantanovenne d’acciaio, debilitato solo da pochi mesi, bastavano le note caratteristiche vergate da Dalla Chiesa e i riconoscimenti scritti di Francesco Scardulla, collega e amico di Caccia. La mattina di mercoledì 24 ottobre, alle ore 10.45, nella basilica di San Vittore, Varese saluterà un servitore dello Stato come ne restano pochi.
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