IL PROCESSO
Uccise il padre. S’appella
Alberto Biggiogero chiede lo sconto: a giugno l’udienza

Non è un ricorso nel merito della dinamica dell’episodio o sulle responsabilità di Alberto Biggiogero nell’omicidio del padre Ferruccio, ma in punta di diritto, sulle questioni tecniche che nel maggio dell’anno scorso hanno portato il gup Alessandro Chionna a formulare nei suoi confronti la condanna a quattordici anni di carcere, ossia due in meno di quelli chiesti dal pm Flavio Ricci.
Sono queste le linee che l’avvocato Stefano Bruno, difensore di Biggiogero, seguirà nell’udienza dinanzi alla Corte d’Appello di Milano fissata per il prossimo 19 giugno.
«Non si tratta di una valutazione sulle responsabilità di Alberto Biggiogero - ha specificato l’avvocato Bruno - ma di riformulare l’entità della pena, sulla base di alcuni aspetti che a mio giudizio non sono stati valutati nel modo adeguato».
Quali? Ad esempio, secondo il legale, le aggravanti contestate dal giudice, come ad esempio la minorata difesa e i motivi futili e abietti, che all’epoca della sentenza furono considerate equivalenti alle attenuanti, e per questo si arrivò a una condanna a quattordici anni seppure con rito abbreviato.
Da una pena detentiva “teorica” massima di ventotto anni, si era arrivati ai quattordici effettivi della sentenza.
Nel dispositivo del giudice era stata presa in considerazione anche la perizia “super partes” dello psichiatra Mario Girola che aveva stabilito come al momento dell’omicidio la capacità di intendere e di volere di Biggiogero fosse «gravemente scemata».
«Leggerò con attenzione le motivazioni, tra sessanta giorni - aveva detto il difensore a processo finito -, e poi valuterò se impugnare la sentenza, puntando eventualmente in Appello sulla prevalenza delle attenuanti sulle aggravanti».
E così è stato.
Il delitto all’origine del processo avvenne il 15 febbraio 2017. Quella sera Alberto - considerato uno dei testimoni chiave nel processo a carico di poliziotti e carabinieri per la morte di Giuseppe Uva nel 2008, poi finito con l’assoluzione per tutti - ebbe un diverbio con il padre Ferruccio, con cui da tempo i rapporti erano piuttosto tesi a causa dei problemi psichiatrici e di tossicodipendenza e alcolismo del figlio.
In un impeto di rabbia, mentre si trovavano nella loro casa di viale dei Mille, Alberto afferrò un coltello da cucina e ferì a morte il padre, per poi prendere il telefono e allertare le forze dell’ordine, prendendosi fin da subito le proprie responsabilità.
Dopo essere stato affrontato in primo grado nel Tribunale di Varese, a metà giugno il caso approderà a Milano per l’Appello.
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