L’INCHIESTA
Truffa delle auto usate sul web
Dodici casi su Subito.it. Trentottenne incastrato da una PostePay ma si difende: «Qualcuno mi ha sottratto la carta»

Una dozzina di casi, più o meno tutti uguali. Il sogno di un’auto. L’idea di comprarla su Internet, sfogliando le pagine del sito Subito.it - «il n° 1 per vendere e comprare», come recita l’home page -, e il primo contatto con il venditore.
Il prezzo è buono, la volontà di acquistare c’è, ma c’è anche un problema. Sembra che un altro acquirente sia interessato, prIma.
Così il venditore spiega che per bloccare la macchina bisogna versare un piccolo acconto, in alcuni casi non tanto piccolo: dai cento ai mille euro. Un bonifico?
No, meglio la ricarica di una Postepay. Allora il compratore tira fuori i soldi, ricarica la Postepay di quello che ritiene il vero proprietario di una vera auto, lo avvisa e poi, qualche giorno dopo, richiama per accordarsi sul trapasso. Inutilmente.
Perché a quel punto il numero di telefono suona a vuoto, è sempre occupato, è staccato. Niente auto, insomma. Ma parte una denuncia.
È questo il tema di un processo per truffa davanti al giudice monocratico Valentina Maderna, con la pubblica accusa rappresentata dal pm Antonia Rombolà.
Imputato è un uomo di 38 anni, S.C., senza fissa dimora e senza grandi mezzi, difeso dall’avvocato Cristiano Cunati, processato a Varese perché è qui che si «radica» la competenza, dove la Postepay è stata attivata, anche se alcune vittime risiedono in altre province e in altre regioni (oggi le norme sono cambiate, ma questa serie di truffe avvenne tra giugno e ottobre 2016).
Come sono arrivate a S.C. Polizia postale e Procura? Semplice: si tratta del nome e del cognome che sono stati comunicati ai truffati, col relativo codice fiscale, nel momento in cui hanno accettato di ricaricare la Postepay «a garanzia» dell’acquisto dell’auto.
E qui la difesa gioca le sue carte.
Già, perché S.C. sostiene, e con lui il suo legale, che quella carta Postepay all’epoca gli sarebbe stata sottratta (ci sono sospetti su un conoscente) e che di tutti quei soldi - diverse migliaia di euro - il vero S.C. non avrebbe visto un centesimo. Vero? Falso?
Nell’attesa che sia il giudice a stabilirlo al termine del processo, è indubbio che solo una persona poco astuta, per usare un eufemismo, potrebbe truffare qualcuno comunicando il suo vero nome e cognome.
«E non va dimenticato - aggiunge l’avvocato Cunati - che la Postepay era intestata al mio cliente, mentre i numeri di telefono che i truffati chiamavano, tutti diversi, erano intestati invece a stranieri: cinesi e nordafricani oggi assolutamente irreperibili. Perché tanto impegno per “mascherare” il numero di telefono e poi l’uso di una Postepay facilmente rintracciabile? Postepay che è stata in seguito utilizzata per altre truffe con importi ancora maggiori, fino a quando il mio cliente si accorse di quello che stava accadendo e la disattivò».
Nel corso della prima udienza del processo, sono state sentite diverse parti offese.
Una donna che aveva visto su Subito.it le foto di una Mercedes Classe B usata in vendita per 3.400 euro e aveva versato come acconto 100 euro.
«Poi quell’uomo mi ha dato appuntamento per il giorno successivo, ma non l’ho mai più sentito».
Un marocchino che voleva comprare un’altra Mercedes e la bloccò con 500 euro, rifiutandosi di versarne altri 300. E anche un commerciante di auto che mise gli occhi su una Panda 4X4 - «Un mio cliente era interessato a un’auto così» -, parlò con la «moglie» del presunto venditore e trovò «strano» di dover versare un acconto non con un bonifico ma con la ricarica di una Postepay.
«Mi dissi: proviamo. E feci la ricarica...».
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