LA SENTENZA
Bastonate al figlio: condannata
Ragazzino denuncia le botte in famiglia: un anno di carcere alla mamma

Le accuse erano pesantissime: a più riprese avrebbe sottoposto il figlio di appena 12 anni a violenze fisiche, picchiandolo, minacciandolo e colpendolo con un bastone e altri oggetti contundenti che le capitavano sotto mano.
E ieri mattina, per una mamma 45enne, è arrivata la condanna del gup Alessandro Chionna: la donna – che, assistita dall’avvocato Gianluca Franchi, ha scelto il rito abbreviato – è stata condannata a un anno di reclusione, con pena sospesa e non menzione. Una pena più mite, rispetto a quella a un anno e quattro mesi chiesta dal pubblico ministero Giulia Floris.
I fatti, così come contestati dalla Procura, risalgono ad alcuni anni fa, quando il ragazzino raccontò a scuola delle violenze subite dalla mamma. Il motivo? Frequenti dissapori all’interno dell’ambito familiare, dove il clima era tutt’altro che sereno per dissidi tra i genitori.
Il dodicenne raccontò di essere stato colpito dalla madre, che in alcuni casi avrebbe utilizzato anche oggetti che trovava in casa in quegli impeti d’ira. La donna, dal canto suo, ha sempre respinto le accuse su tutta la linea, affermando – anche durante una deposizione in aula per certi versi drammatica - che il figlio si era inventato tutto, sulla scorta del clima che si era creato in famiglia in quel periodo, quando tra l’altro il ragazzino si dimostrò ribelle e si rifiutava di andare a scuola.
Una linea sostenuta dall’avvocato Franchi, che più volte ha rimarcato come, a fronte di accuse così pesanti, non fossero stati espletati dagli inquirenti gli approfondimenti del caso, a partire dall’audizione protetta della presunta vittima. Tra mancanze di analisi psicologiche del ragazzino e di anamnesi del contesto familiare, non sarebbero stati seguiti in fase d’indagine i principi della Carta di Noto, ossia il documento che detta le linee guida per gli operatori nel campo degli abusi, sessuali e non, su minori.
L’avvocato Franchi ha dunque chiesto l’assoluzione della sua assistita e, una volta incassata la condanna – seppure piuttosto mite, viste le accuse mosse -, ha già annunciato di valutare l’ipotesi di presentare ricorso in Appello, una volta lette le motivazioni della sentenza di primo grado.
Il padre del ragazzino si è costituito parte civile nel processo ma il gup non ha disposto nei suoi confronti la liquidazione di una provvisionale, demandando tutto alla sede civile.
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