ZONA STAZIONI
Varese, «brutti incontri in via Piave»
Il racconto di una ragazza di 28 anni

Il buio e il freddo arrivano già prima in questi giorni e i cattivi incontri danno ancora più ansia quando si è una ragazza sola per strada, anche nella civilissima Città Giardino: è successo a una 28enne romana, a Varese per alcune settimane di lavoro, che l’altra sera poco prima delle 21, dirigendosi verso i capolinea dei pullman in stazione, è stata avvicinata e apostrofata in modo poco piacevole da un gruppetto di soli uomini alla fine di via Piave. Prima le parole, gli apprezzamenti non graditi, poi la mossa di circondare la persona con commenti irripetibili, la paura che sale, il pericolo scampato. «Prima avevo chiamato anche un taxi ma non rispondeva, alla fine ne ho trovato uno alla stazione e sono riuscita a salire, mi sono sentita al sicuro», racconta alla Prealpina la ragazza ancora sotto choc per l’accaduto. Non è stata strattonata né ferita, per fortuna, ma si è presa un bello spavento, soprattutto per il timore di essere seguita e di dover fronteggiare conseguenze più preoccupanti ancora: in questi casi si accelera il passo, si guarda dritto davanti a sé, mettendo sempre più distanza con il “branco” urlante. Una brutta esperienza per una città dove tutti, amministratori e aspiranti tali, continuano a battere il tasto della sicurezza e del decoro anche in vista del voto. Non solo via Piave, ma anche via Magenta e via Medaglie d’oro sono nella bufera. Tutta la zona che, dall’uscita dell’autostrada, porta fino a piazzale Trieste a ridosso del centro, si è trasformata in un ambiente poco rassicurante per le cattive frequentazioni che sono diventate la regola. Eppure i bei palazzi residenziali e la vicinanza al cuore cittadino dovrebbero far pensare il contrario. E non a questo senso di isolamento. Negli anni i negozi tradizionali si sono diradati a vantaggio di quelli internazionali, ma le vetrine che restano danno un senso di vivacità di giorno, fra abiti da sposa, ferramenta, furgoncini, servizi, bar e via-vai di clientela: ma soprattutto nel tratto finale, vicino al semaforo, dopo una certa ora si notano meno famigliole o genitori con i passeggini e più sbandati. E quel triangolo può diventare facile preda di un popolo ai margini, seduto sui gradini, simile a quello che bivacca in piazza Repubblica o verso via Milano e Biumo Inferiore. Come del resto nelle vicine stazioni, sospese fra un presente difficile e un futuro di sviluppo. Anche qui di giorno si nota anche il lato più normale: persone con le valigie che tornano dalle ferie, familiari in attesa con le auto, bus in manovra vicino alle transenne e ai cartelloni del Piano Stazioni che promette un domani con alberi fioriti e più a misura d’uomo. Ma alla fine dei blocchi sono tornate presenze moleste: chi prende il treno o passa da lì per rincasare segnala gli stessi problemi. Compagnie anche numerose, spesso di soli uomini, ubriachi che danno vita a risse o, peggio, assumono un atteggiamento minaccioso in particolare nei confronti delle donne. A Varese, non a Kabul.
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