LA SENTENZA
Circonvenzione d’incapace, coniugi condannati
Inquilino svuota il conto dell’anziana proprietaria: due anni e due mesi a coppia tunisina, risarcimento di 160mila euro

Nel giro di pochi mesi dal conto corrente dell’anziana a quello dei suoi inquilini passarono decine di migliaia di euro.
Soldi versati con numerosi e cospicui bonifici bancari, a cui si aggiunsero anche degli assegni. Versamenti ottenuti - secondo l’accusa - approfittando delle condizioni di salute della donna, che ne avrebbero minato la lucidità e di conseguenza la capacità di intendere e volere.
Per questo una coppia di coniugi di origine tunisina è finita sotto processo per il reato di circonvenzione di incapace ai danni di una novantenne varesina. Processo che si è concluso ieri in tribunale con una doppia condanna: due anni e due mesi di reclusione ciascuno (il pm Davide Toscani aveva chiesto una pena di un anno e otto mesi a testa).
Non solo: il giudice Orazio Muscato ha anche stabilito un risarcimento danni di 160mila euro alla costituita parte civile, l’amministratore di sostegno della pensionata (che ora vive in casa di riposo) rappresentato in aula dall’avvocato Irene Visconti.
In realtà, il capo d’imputazione contestava alla coppia di aver ricevuto soldi e assegni per quasi 180mila euro, ma una parte di questo denaro è stato bloccato dagli inquirenti e quindi mai incassato.
Tutto risale al 2013. Nell’immobile di sua proprietà a Biumo Inferiore, in cui anche lei viveva, la novantenne aveva affittato un appartamento a un 42enne tunisino. L’uomo s’era trasferito a Varese per lavoro, mentre la moglie, classe 1972, era rimasta in Tunisia.
All’immigrato la donna si rivolgeva spesso per fargli eseguire lavori domestici e per un aiuto in tante piccole e grandi incombenze quotidiane. Il campanello d’allarme scattò quando l’anziana accompagnò il vicino di casa in un autosalone dove l’uomo avrebbe voluto comprare un fuoristrada. Ma il concessionario, conoscendo il fratello dell’anziana, gli telefonò e gli chiese: «Ma tua sorella ha preso la patente?».
Da lì partirono le indagini che portarono ad accertare i frequenti bonifici da migliaia di euro per volta (come quello da 17mila euro, giustificato poi come compenso per la tinteggiatura dell’appartamento della donna).
Soldi accreditati su un conto intestato alla moglie del suo inquilino. Donazioni ottenute, secondo la Procura, abusando delle condizioni psicofisiche dell’anziana, poi certificate da una perizia medica agli atti del processo. Donazioni spontanee, secondo i difensori (gli avvocati Marina Curzio e Nicoletta Matricardi), da parte di una donna che si era presa a cuore quella famiglia di immigrati. Peraltro - ha evidenziato la difesa - commercialista, notaio e direttore di banca hanno confermato che la novantenne era autonoma e sapeva gestire da sola i suoi conti e i suoi affari. E quindi il vicino di casa non avrebbe potuto dubitare della sua capacità di intendere e volere.
Tesi respinta dal giudice, ma che prossimamente dovrà essere esaminata dai giudici della Corte d’appello, a cui sono pronti a rivolgersi i legali degli imputati non appena saranno depositate le motivazioni della sentenza.
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