LA SERIE
Un varesino dirige Gomorra
Firmati da Ciro Visco due episodi della quarta stagione della serie di Sky

All’affollata conferenza stampa con tanto di photocall allo Space Cinema Moderno di Roma c’era anche lui, l’unico varesino di “Gomorra” e c’era come parte molto attiva.
Da sempre legato professionalmente a “Gomorra”, Ciro Visco - figlio d’arte (suo padre era il compianto pittore Sante, che collaborò anche con Franco Zeffirelli e Federico Fellini) -, durante la quarta stagione della fortunata serie tv, al via il 29 marzo su Sky Atlantic (e Sky Cinema Uno), fa il salto di qualità: da aiuto regista a regista.
«Ho diretto - spiega Visco con comprensibile soddisfazione - due delle dodici puntate che vedrete. Le mie, con presenza di molte scene d’azione, in fondo il mio pane, sono la nona e la decima, andranno in onda il 26 aprile. Al pari delle altre, due vedono Marco D’Amore regista, sono il frutto di un lungo lavoro».
Come nasce una serie di Gomorra?
«Da un incontro preliminare con Roberto Saviano, l’autore del libro che ha mosso un mondo. Poi ci sono la sceneggiatura, i sopralluoghi, il casting, il girato vero e proprio e ancora non è finita. Ciò che sullo schermo si risolve in poche ore è in realtà il risultato dell’impegno di mesi».
Vero che da voi gli attori sono costretti ai supplementari?
«In qualche modo sì, perché i ciak sono preceduti da momenti in cui gli attori recitano davanti agli addetti ai lavori riuniti non sul set ma attorno a un tavolo. Non tutte le serie televisive lo fanno ma il risultato è notevole».
Lei ha lavorato anche per il cinema, cambia molto rispetto alla tv?
«Radicalmente, almeno se parliamo di tv seriale. Diversa è la tempistica, diverso è il respiro, dovere pensare a vicende e personaggi che devono vivere, e qualcuno morire, nell’arco di dodici puntate è differente rispetto al fatto di risolvere tutto in due ore o poco più. Detto questo, naturalmente c’è tv e tv e c’è cinema e cinema, di certo non rinnego ma rivendico il mio passato nel cinema indipendente. Tutte le esperienze che ho fatto si sono poi rivelate utilissime».
Compreso il teatro a Varese?
«Iniziando da quello, ho avuto la fortuna di recitare con Fabio Corradi e Max Cavallari, il mio debutto sul palco è stato con I maneggi, una commedia simbolo del repertorio del grande Gilberto Govi».
Max dei Fichi è ora nell’allegra squadra di Made in Sud, altra Napoli rispetto a Gomorra?
«Certo ma la realtà ha sempre più facce. Comunque “Gomorra” ha dato a Napoli una centralità nelle produzioni televisive e cinematografiche, mentre giravamo erano tante le altre troupe impegnate in città».
Parliamo di calcio, è diventato un tifoso del Napoli?
«No, vivo tra Roma, dove sono arrivato da Varese nel 2001, e Napoli e la mia simpatia va ai giallorossi. Sono un tifoso tiepido ma per Totti ho interrotto la tradizione interista della mia famiglia e, anche dopo l’addio del Pupone al campo, ho continuato a seguire la Roma».
Roma e Napoli, tanta roba se confrontata a Varese...
«A volte anche troppa. Sono due città bellissime e mi trovo bene ma mi manca il contesto umano della nostra provincia e la possibilità che offre per rilassarsi».
Ha qualche sogno nel cassetto?
«Fra i tanti uno proibito, un remake di Operazione San Gennaro”, film bellissimo e divertentissimo di Dino Risi. Sogno proibito perché vorrei girarlo con il cast che aveva lui».
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