L’APPELLO
Confartigianato alle banche: dateci credito
Davide Galli chiede liquiità per le Pmi del Varesotto: «Non è tempo di braccia corte»

Liquidità: è questa la parola che da un anno a questa parte circola con maggior insistenza tra chi ogni giorno deve capire come salvare la propria attività nel bel mezzo della pandemia.
Durante il lockdown un paracadute è arrivato dal governo, con i prestiti garantiti dallo Stato. Ne ha usufruito la stragrande maggioranza delle imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni che hanno potuto avere a disposizione prestiti fino a un massimo di trentamila euro. Ma ora che cosa succederà?
«Il 2021 dovrà essere l’anno del credito, quello vero, a favore dell’economia reale, la stessa che genera benessere al territorio - chiede con forza Davide Galli, presidente di Confartigianato Varese -. I rubinetti chiusi, o politiche più orientate alla finanza che al sostegno economico delle imprese, metterebbero fuorigioco un numero molto rilevante di Pmi».
Il quadro è chiaro: anche solo pensare che i prestiti targati 2020 siano sufficienti per rimettere in piedi l’economia italiana e varesina, sarebbe un errore grossolano. L’accesso al credito da parte delle piccole e medie imprese non è mai stato semplice. Ora non ci si può permettere che la situazione peggiori.
«I finanziamenti occorrono per ristrutturare le aziende piegate dal Covid e per dare la spinta a quelle che puntano a nuovi business» prosegue Galli.
«Il momento è complesso - aggiunge - ma non possiamo permetterci le braccia corte né possiamo accettare un sistema bancario che impone le regole severe alle imprese, chiedendo loro di uniformarsi alle sue necessità di ristrutturazione, burocrazia e razionalizzazione. Uno sforzo al quale mi domando quali benefici corrispondano».
Le banche del resto rimangono il baricentro del credito. La finanza alternativa cresce ma a ritmi lenti: il denaro che arriva dagli istituti di credito è indispensabile per mandare avanti le attività imprenditoriali. Secondo gli ultimi dati raccolti dall’Istat, tra giugno e novembre 2020, il 35,4% delle imprese ha scelto di accendere un nuovo debito bancario, anche attraverso le misure di sostegno disposte dal Governo. Non è difficile, per l’Istituto di statistica, diagnosticare da chi provenga il grosso della richiesta: chi si orienta verso un nuovo debito sono soprattutto le piccole e medie imprese (35,1 e 37%), specie se coinvolte nelle chiusure imposte dai Dpcm del governo Conte.
Non solo. Il 42% delle imprese dichiara un aumento del livello di indebitamento a fine dicembre rispetto all’anno scorso. E tra queste, il 12,5% parla di aumento consistente.
«Alla luce di questi dati è evidente che la fame di credito è cresciuta insieme all’avanzare della pandemia e che alle aziende dobbiamo riuscire a dare un messaggio di tranquillità rispetto alla possibilità di ottenere finanziamenti - prosegue il presidente degli artigiani varesini -. Un territorio dove le aziende non possno investire è un territorio che rischia la cancrena e la provincia di Varese, che lascerà sul tappeto più del 12% del Pil, non se lo può permettere. Alle banche che sono su questo territorio chiediamo di dialogare con ciascun imprenditore. Anche noi cercheremo il dialogo costante anche per rasscurare gli istituti di credito in quanto a solvibilità».
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