IN AULA
Il criminologo tv a processo
Violazione della privacy, Denti accusato come investigatore. Il legale: «Legge cambiata»

Il nome e anche il volto dell’imputato sono molto noti, dato che si parla dell’investigatore privato e criminologo varesino Ezio Denti, spesso opinionista e ospite di trasmissioni televisive e in passato anche consulente della difesa di Massimo Bossetti nel processo per l’omicidio di Yara Gambirasio.
Ebbene, ieri Denti è comparso in Tribunale a Varese, davanti al giudice monocratico Davide Alvigini, perché accusato dalla Procura (pm in aula Antonia Rombolà) di violazioni delle norme fissate dal Decreto legislativo del 30 giugno 2003, il “Codice in materia di protezione dei dati personali” che per la gente comune è la “legge sulla privacy”.
Gli episodi contestati a Denti, nel corso della sua attività di investigatore privato, sono articolati in cinque capi d’imputazione, uno dei quali è ormai prescritto, e in aula era previsto l’esame dei primi sei testimoni, quattro poliziotti che condussero le indagini sulle varie vicende a partire da denunce di clienti del detective, e due donne, una delle quali era appunto una cliente ed è stata poi l’unica ad essere sentita.
In apertura di udienza, il difensore del criminologo molto amato dai media, l’avvocato comasco Paolo Camporini, ha sollevato infatti un “problema”, chiedendo subito il proscioglimento dell’imputato perché il fatto non è più previsto dalla legge come reato.
Quale “problema”? Quello costituito dal Decreto legislativo del 10 agosto scorso, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 4 settembre, che adegua la normativa italiana sul trattamento dei dati personali e sulla privacy alle disposizioni del regolamento GDPR dell’Unione Europea (quello in base al quale da mesi siamo bombardati di mail che citano la sigla). La questione è complicata, ma si può semplificarla così: le nuove norme hanno modificato quelle vecchie per quanto riguarda gli illeciti penali, e il risultato, secondo il difensore di Denti, sarebbe un’abrogazione di fatto dei reati per i quali l’investigatore privato è a processo.
Trattandosi di novità che hanno poche settimane, manca giurisprudenza e l’applicazione ai casi concreti forse non è ancora avvenuta da nessuna parte. Per questo il pm ha chiesto tempo per esaminare approfonditamente la questione e il giudice ha deciso di rinviare il processo al prossimo 29 ottobre, giorno in cui deciderà presumibilmente se il caso deve chiudersi subito dopo il via. E i testimoni? Tutti sono stati rimandati a casa, dato che il loro esame potrebbe rivelarsi in seguito inutile, tranne una donna arrivata a Varese da Conegliano Veneto, che è stata invece sentita.
La teste ha raccontato che aveva sospetti sulla fedeltà del compagno, contattò Denti per telefono dopo aver visto il suo sito Internet nel 2010, lo ricevette a casa sua e gli fornì nome e foto del compagno, nonché 6.000 euro in contanti come pagamento dei suoi servizi, senza firmare - ha riferito ancora - alcun contratto. In seguito, tornata da un viaggio, chiese a Denti l’esito delle sue investigazioni, ricevendo un video di 15 secondi, scuro e in cui «si vedevano solo gambe».
Poco soddisfatta di quanto ottenuto a fronte di un esborso di 6.000 euro, iniziò quindi a chiamare Denti chiedendogli conto dello svolgimento dell’incarico. Pare che il detective gli rispose una volta che il suo uomo «poteva essere infedele in compagnia, ma da solo no». E poi le inviò una diffida dal contattarlo ancora, ritenendo quelle telefonate persecutorie. Al ché la donna decise di lasciar perdere. In seguito parlò comunque della «stupidaggine» che aveva fatto con il compagno, «che si fece una risata».
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