SANITÀ
Varese, Dentali: «Perché i medici se ne vanno dagli ospedali pubblici»
Il presidente della Fadoi analizza la situazione alla luce di un sondaggio nazionale. «Ma a Varese le cose vanno meglio»

Via dai reparti, via dagli ospedali pubblici. Quasi il 40 per cento (38,71%) dei medici pensa di appendere il camice bianco al chiodo. E quasi la metà di chi lavora nel pubblico pensa alla pensione anticipata.
Di quei quattro su dieci non in età pensionabile che pensano di dire addio al Ssn, il 21,82% vuole andare nel privato, il 4,55% all’estero (ma alle nostre latitudini la percentuale deve essere molto più alta) mentre il 12,33% di scoraggiati pensa proprio di cambiare attività. Di più, i dottori che se tornassero indietro non sceglierebbero più la professione sono il 36,43%.
Dati allarmanti che nascono dal sondaggio condotto da Fadoi, la Federazione degli internisti ospedalieri, di cui è presidente nazionale un medico varesino, Francesco Dentali, a capo della Medicina all’ospedale Circolo di Varese (e del Dipartimento di Area medica dell’Asst Sette Laghi).
L’indagine, condotta in tutta Italia su un campione di medici (con le sole eccezioni di Friuli Venezia Giulia e Umbria) traccia un quadro molto critico dove stress, tagli alle pensioni, stipendi bassi e turni devastanti portano molti a dire basta. Per esempio: l’idea di tagliare in anticipo il traguardo della pensione passa per la testa al 46,15% dei medici. Una percentuale così alta che se si tramutasse in realtà anche solo nel 10% dei casi significherebbe l’uscita dai nostri ospedali di decine di migliaia di professionisti, a livello nazionale.
LA SITUAZIONE AL CIRCOLO
E qui da noi? «In quest’area geografica pesa la questione Svizzera anche se con la nuova tassazione sarà forse meno attrattivo lo spostamento - commenta il professor Dentali -. Per quanto riguarda Varese, posso dire che le percentuali di chi lascia sono inferiori a quelle medie nazionali». Anche nelle ultime settimane si è parlato però della fuga di medici dai nostri ospedali, con alcuni trasferimenti eccellenti annunciati e alcuni già avvenuti.
«Per quanto riguarda la Medicina, non è così, non solo abbiamo giovani medici motivati ma a tutti cerchiamo di offrire condizioni di lavoro soddisfacenti, senza perdere di vista che l’attività deve essere centrata sul paziente». La Medicina al Circolo conta un centinaio di posti letto e dalla prossima settimana saliranno di 14 unità per affrontare la pressione collegata ai tanti ricoveri.
LE ARMI CONTRO LA FUGA
La situazione generale rimane comunque pesante. A spingere il 57,14% dei medici al pensionamento anticipato è la paura di subire un taglio alla propria pensione, magari con misure retroattive come quelle introdotte nella manovra, seppure poi alleggerite con un emendamento successivo. Per un camice bianco su tre, inoltre i carichi di lavoro sono eccessivi, mentre la bassa retribuzione motiva solo il 2,38% e la voglia di chiudere la carriera all’estero il 9,53%.
«L’indagine rivela che per continuare a tenere legati i medici al servizio pubblico non sono necessarie tanto più alte retribuzioni, che pur andrebbero almeno avvicinate a quelle europee, quanto piuttosto serve il miglioramento delle condizioni di lavoro e di carriera, oltre che la garanzia del rispetto dei diritti pensionistici acquisiti - continua Dentali -. Certo, preoccupa quel 40% che pensa di lasciare il Ssn, ma sono gli stessi medici nelle loro risposte a indicare la via della rinascita: un Servizio sanitario nazionale che torni a garantire a tutti il diritto alla salute, apponendo esigenze assistenziali davanti a quelle economiche, sono indicati da oltre il 70% dei medici come elementi che ancora li legano al pubblico».
Dal sondaggio Fadoi emerge anche - quasi un plebiscito - la necessità dell’utilizzo degli specializzandi a copertura dei vuoti in pianta organica: per il 56,36% degli intervistati è utile il coinvolgimento degli specializzandi purché la loro attività sia affiancata da un tutor e solo il 21,25% pensa che possano mettere a rischio la qualità dell’assistenza.
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