IL CASO
Varesino eredita 5 miliardi di lire
Impiegato si ritrova il tesoro del nonno materno. Bankitalia: non cambiamo in euro. E parte la battaglia legale

Lo scorso novembre, aprendo la cassetta di sicurezza che il nonno materno aveva lasciato in una filiale dell’Ubs di Ginevra, era rimasto a bocca aperta: dentro c’erano titoli di Stato e soprattutto cinque miliardi di lire, in tagli da 500mila. Un tesoro di quelli che possono cambiare la vita da impiegato d’una ditta privata.
Possono, appunto.
Perché tra potere e volere anche in questo caso corre una distanza notevole: quella posta dalla Banca d’Italia alla richiesta di cambiare la valuta passata con quella corrente. Ovvero, circa 2,5 milioni di euro.
RICCO, RICCHISSIMO, ANZI NO
Come raccontano i suoi legali, il sogno di A.F., varesino per residenza ma modenese d’origine, come il nonno, che fu imprenditore tra Lugano e Ginevra, s’è così incagliato su questo algido no. Almeno per adesso.
Già, perché l’erede, tutt’altro che convinto dalle motivazioni del funzionario di Bankitalia s’è rivolto alla Federazione italiana risparmiatori, che a Milano ha una sede legale in via Tortona e che si occupa anche dei non rari casi in cui, “scopritori” di tesoretti in lire, vogliano far valere il proprio diritto al cambio della valuta in euro.
«Succede in tutta Europa - spiega il legale Giovanni Rossetti che con la collega Marisa Ciardi sta seguendo il caso - che la vecchia valuta nazionale venga ancora commutata in euro. In Italia invece, siamo fermi al 28 febbraio 2012, cioè alla legge che prevede che Bankitalia ritira le lire, commutandole in euro, solo a chi abbia presentato prima di questa data, e a pena di prescrizione, un atto formale di richiesta. Peccato che il signor Ferri come lui tanti altri, non abbiano avuto in sorte la preveggenza. Immaginandosi che il nonno gli avrebbe lasciato, senza avvisarlo, un simile tesoro».
DALLA DIFFIDA ALLA CORTE DI GIUSTIZIA
Che fare dunque?
«Il piano è semplice - replica Rossetti -. Il nostro cliente ha diritto al cambio di valuta perché è stato vittima di un fatto imprevisto e imprevedibile. Dunque invieremo una diffida a convertire senza indugio l’equivalente dei 5 miliardi di lire in euro. Nel caso ottenessimo risposta negativa, faremo partire un decreto ingiuntivo, sempre nell’ottica di non aprire cause civili, i cui tempi sono tristemente noti. Se però Bankitalia vorrà resistere a questa richiesta legittima, opereremo su due fronti paralleli: la causa civile sulla base del fatto che la prescrizione decennale scatta dal momento del ritrovamento della somma, cioè da neppure un anno. Non solo. Solleveremo anche la questione di legittimità costituzionale della legge italiana perché viola la normativa attuale sul cambio della vecchia valuta in Europa e pone una disparità di trattamento tra chi ha scoperto d’essere in possesso di lire prima del 28 febbraio 2012 e chi se n’è accorto, suo malgrado e non per sua colpa, in data successiva. Infine, faremo partire il ricorso alla Corte di Giustizia europea, proprio per stanare la legislazione italiana su questo delicato, spinoso argomento che rischia di creare colossali ingiustizie».
VALUTA IN SVIZZERA
La valuta ereditata dall’erede varesino si trova in Svizzera. Ci sono problemi valutari internazionali.
«Paradossalmente no - replica ancora Rossetti - perché allo stato attuale, quelle lire sono valuta fuori corso, dunque carta straccia, sebbene con un potenziale di conversione di circa 2,5 milioni di euro».
E se il potenziale dovesse, per fortuna del signor Ferri, diventare realtà?
«Ci sono due strade: ritirare quei cinque miliardi in banconote da 500mila lire e portarli alla filiale milanese di Bankitalia per il cambio materiale moneta contro moneta oppure delegare la banca svizzera a procedere nello stesso senso».
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