LA PROTESTA
«Qui serve l’idrante»
Varesini esasperati dai bivacchi e dal degrado di Piazza Repubblica

«Qui ci vuole un idrante. Ma non una volta ogni tanto. Tutti i giorni, a metà pomeriggio e poi ancora prima che faccia buio!».
Piazza Repubblica, una mattina d’inizio settembre. Attorno al monumento ai caduti un giardino di cocci di bottiglia: vetri infranti che riflettono la luce del sole e un tappeto di tappi metallici abbandonati sui gradini o seminati nelle aiuole dove l’erba non cresce più. Birra, soprattutto. Ma non solo. E poi lattine tracannate di primo pomeriggio, schiacciate sotto i piedi e lanciate verso i piccioni che stazionano sopra la grande scultura di Enrico Butti.
Chi passa a piedi, guarda altrove, accelera e trattiene il respiro davanti a macchie maleodoranti di liquido la cui origine è inequivocabile.
Chi vive o lavora attorno al quadrilatero della desolazione, invece, non ne può più di chiudere gli occhi.
E sbotta: «Qui ci vuole un idrante. Negli Stati Uniti o in Svezia avrebbero già risolto il problema: un potente getto d’acqua tutti i giorni, per pulire, disinfettare e soprattutto tenere lontana certa gente».
Professionisti esasperati alle finestre dello studio, commercianti costretti ad assistere inermi all’avanzata di un degrado insopportabile, docenti universitari e impiegati d’ateneo che mai avrebbero immaginato tanta desolazione attorno al rettorato dell’Insubria. La pazienza è finita.
Qualcuno ricorda l’ordinanza contro i bivacchi che il sindaco aveva sbandierato all’inizio del mandato: «Non è servita a nulla».
Altri ringraziano le forze dell’ordine per i passaggi quotidiani, per i controlli antidroga e per le manette che ogni tanto si chiudono ai polsi dello spacciatore di turno.
«Eppure - ripetono in coro - ancora non è sufficiente».
Nel mirino gruppi di sfaccendati senza un’età apparente. Immigrati soprattutto. Arrivano a metà mattina, piazzano un amplificatore da spiaggia sui gradini e alzano il volume. Musica, birra, sigarette, sbadigli. A volte una discussione che finisce in rissa.
Il tasso alcolico sale con il trascorrere delle ore e dopo il tramonto le bottiglie vuote diventano proiettili da scagliare contro i mattoni rossi di un presunto arredo urbano.
«Ma non è solo colpa degli africani - racconta un medico che ha l’ambulatorio a due passi da piazza Repubblica - c’è anche una vecchina tutta italiana che ogni giorno, dopo avere finito di chiedere l’elemosina, scambia l’aiuola per un bagno. Guardatevi attorno, vi sembra possibile?».
La risposta è nei muretti sbrecciati, nei mattoni a vista staccati dal cemento e gettati lungo le scale verso l’ingresso del parcheggio interrato.
Sono lì da giorni, macerie “fresche” tra l’incuria generale, e nessuno si è preoccupato di spostarli e di ripulire.
«In realtà interveniamo ogni giorno» fanno sapere dal municipio. «Ma è una battaglia persa».
I residenti non ci stanno: «Qui nessuno prende iniziativa, guardate la pavimentazione, neppure dopo un bombardamento...».
La superficie della piazza è scavata da crateri attorno a cui i cubi di porfido, strappati dal terreno, sembrano dadi da gioco lanciati a caso e dimenticati.
Anche i percorsi in beole che un tempo disegnavano geometrie e oggi dovrebbero facilitare l’attraversamento si sono trasformati in percorsi ad ostacoli: superfici sconnesse e, qui sì, erba che cresce nel posto sbagliato.
«Chiediamo una piazza decorosa, dove le persone possano incontrarsi, come in ogni piazza del mondo civile» lamentano ancora i residenti. «Non capiamo perché nei Giardini Estensi sia vietato calpestare le aree verdi mentre qui ciascuno può fare i propri comodi nel totale disprezzo del luogo e del prossimo».
Un sospiro e un messaggio agli inquilini di Palazzo Estense scandito senza indulgenza: «Intervenite. Mandate un idrante. Per pulire, per bagnare il prato, per allontanare quelle persone».
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