IL CASO
Varese, fascicolo Manfrinati: lettera al ministero
Lungo documento del difensore, l’avvocato Fabrizio Busignani, sul “calvario” nell’ottenere gli atti di indagine. «Gravi circostanze»

Un nuovo esposto o meglio una segnalazione da parte dell’avvocato penalista Fabrizio Busignani, difensore di Marco Manfrinati, il quarantunenne in carcere dal 6 maggio scorso con le accuse di tentato omicidio dell’ex moglie Lavinia Limido e dell’omicidio del padre di lei, Fabio Limido, sul “calvario” nell’ottenere il fascicolo (digitale) di chiusura delle indagini. Dopo aver sollevato, una settimana fa, il problema, ottenendo una prima risposta dalla Procura, ecco il documento che il legale varesino ha trasmesso lunedì 27 gennaio al presidente del Tribunale di Varese, Cesare Tacconi, al presidente della Camera penale, Fabio Margarini, al procuratore capo Antonio Gustapane, al presidente dell’Ordine degli avvocati, Carlo Battipede, ai magistrati varesini Marcello Buffa e Lorenzo Dalla Palma, al presidente della Corte d’appello di Milano, Giuseppe Ondei, e al procuratore generale, Francesca Nanni, con annuncio che lo stesso verrà inviato al ministero della Giustizia. Nel frattempo oggi, mercoledì 29 gennaio, l’udienza del processo a carico di Manfrinati accusato di stalking nei confronti dell’ex moglie e degli ex suoceri.
Partendo dalle conclusioni della lunga missiva - 12 pagine, corredate di screenshot delle operazioni telematiche per ottenere appunto il fascicolo -, l’avvocato Busignani è irremovibile: «Riservata ogni eccezione processuale nella sede competente in relazione a quanto sopra, sin da ora segnalo tali gravi circostanze alle Autorità in indirizzo affinché, ciascuno per quanto di sua competenza, voglia adottare ogni opportuno provvedimento idoneo a far venire meno le limitazioni del diritto di difesa palesemente sussistenti».
Ecco il testo dell’intero documento, dall’inizio, con tutti gli aspetti tecnici e i riferimenti normativi. «In data 20 gennaio 2027, ad ore 12.41 veniva notificato a mezzo Pec allo scrivente avviso di conclusione delle indagini preliminari ex art. 415-bis C.p.p., quale difensore di Marco Manfrinati, attualmente detenuto anche per questa causa presso la Casa circondariale di Busto Arsizio, nel procedimento penale in epigrafe indicato (tentato omicidio ex moglie, omicidio dell’ex suocero Ndr). In tale avviso, si comunicava “che la documentazione relativa alle indagini espletate è disponibile presso al Segreteria del Pubblico Ministero (Varese, Piazza Cacciatori delle Alpi n. 4, 3° piano della Procura della Repubblica, stanza n. 343), anche in formato elettronico mediante sistema documentale Tiap, e che la persona sottoposta alle indagini e i difensori hanno facoltà di prenderne visione ed estrarre copia in formato digitale, previo pagamento dei diritti di cancelleria, se non ammessi al Patrocinio a spese dello Stato”. Quanto alle modalità per ottenere la copia del fascicolo digitale nell’avviso ex art. 415-bis C.p.p., si segnalava che “le richieste di accesso e di copia degli atti presenti nel fascicolo dovranno essere effettuate secondo le seguenti modalità:- in presenza, con le modalità indicate sul sito: www.procura.varese.it: - da remoto, i difensori potranno accedere al fascicolo digitale tramite li Portale Deposito Servizi Telematici del Ministero della Giustizia (Pst) http://pst.giustizia.it Area Riservata, con possibilità di estrazione di copie, previo pagamento dei diritti di cancelleria, richiedendo previamente il preventivo all'indirizzo mail preventivoTIAP.procura.varese@giustizia.it”».
«Alla luce di quanto sopra, lo scrivente (Busignani Ndr) inviava richiesta di preventivo dei diritti di cancelleria da versare all’indirizzo e-mail sopra indicato il medesimo 20 gennaio 2025 ad ore 13.33, ricevendo risposta dalla Cancelleria con quantificazione di essi ad ore 13.51, come da copia della corrispondenza e-mail. Sempre il 20 gennaio 2025 lo scrivente provvedeva al pagamento dei diritti di cancelleria, comunicati ad ore 14.59, come da ricevuta di versamento allegata , e quindi a caricare sul 4 portale PST - ad ore 15.07 - la suddetta ricevuta, necessaria per ricevere la password ai fini del download del fascicolo, unitamente a copia della richiesta di accesso agli atti - fascicolo telematico art 415 bis C.p.p. (che in copia si allega ) secondo il protocollo vigente».
Viene quindi allegato al documento screenshot del Pst del 22 gennaio ad ore 9.35 che «riproduce, la richiesta di accesso agli atti - fascicolo telematico art 7 415 bis C.P.P., comprensiva del versamento dei diritti di cancelleria, risultava essere stata “presa in carico” dal sistema sin dal giorno 20 gennaio 2025, ad ore 15.56 senza che a tale data fosse pervenuta la password necessaria per il download del fascicolo».
«Alla luce di quanto sopra, riproduce, la richiesta di accesso agli atti - fascicolo telematico art 7 415 bis C.P.P., comprensiva del versamento dei diritti di cancelleria, risultava essere stata “presa in carico” dal sistema sin dal giorno 20 gennaio 2025, ad ore 15.56 senza che a tale data fosse pervenuta la password necessaria per il download del fascicolo». Ecco l’esito indicato nel documento: rifiuto «senza alcuna valida spiegazione, avendo lo scrivente puntualmente seguito le istruzioni fornite».
«Costretto quindi a recarsi nella Cancelleria dedicata - scrive Busignani descrivendo le operazioni da lui compiute - per ottenere copia digitale del fascicolo per quanto sopra esposto e documentato, previa consegna al gentile funzionario presente di di apposita Flash Drive Usb sigillata sulla quale ottenere copia del suddetto fascicolo, chiedeva al medesimo di sapere se vi fossero all’interno del fascicolo di cui all’avviso ex art. 415-bis C.p.p. eventuali supporti informatici sui quali risultavano presenti ulteriori atti di indagine, quali fotografie, registrazioni audio, filmati, tabulati telefonici, etc., diversi da quanto presente nella copia del fascicolo effettuata sull’unità di memoria Flash Drive consegnata, ricevendo risposta affermativa. Lo scrivente chiedeva, quindi, al gentile e disponibile funzionario presente in Cancelleria di poter effettuare una ricognizione di eventuali CD, unità di memoria USB, altri dispositivi informatici contenuti nel fascicolo, per conoscere il numero complessivo di essi e la quantità di spazio informatico complessivo (in termini di MB ovvero GB) degli atti di indagine contenuti in dati supporti. Tale richiesta risultava, come risulta, funzionale e necessaria al fine di sapere la dimensione dell’unità di memoria da consegnare alla Cancelleria per poter avere copia del contenuto di tali svariati supporti informatici (come detto contenenti atti di indagine di fondamentale importanza per l’esercizio del diritto di difesa)». «Il funzionario, tuttavia, non era in grado rifornire tali indicazioni e chiedeva allo scrivente di poter attendere qualche giorno, riservandosi di comunicare - in data successiva - le informazioni richieste e necessarie, anche in ragione del fatto che in nessuna della buste nelle quali erano contenuti i CD ROM, ovvero le chiavette USB ovvero altri dispostivi informatici (in numero non inferiore a 20), risultava indicata la quantità di dati contenuti».
«Nel frattempo, a causa di tali gravissimi disservizi, risultano essere trascorsi ben 8 giorni dalla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, senza che il difensore ed il proprio assistito siano stati posti nella condizione di “disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa”, ai sensi dell’art. 6, comma 3, lettera b) della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali».
E poi l’«attacco». «La circostanza più inquietante della vicenda che viene portata all’attenzione dei destinatari della presente, riguarda il fatto che la copia del fascicolo digitale consegnata allo scrivente risulta non conforme alle specifiche contenute nel citato Protocollo del Tribunale di Varese e della Procura di Varese, secondo il quale “nel procedere alla digitalizzazione e all'inserimento dei documenti nel sistema DOCUMENT@, l'Ufficio procedente: implementi, ove possibile al compimento di ogni atto o al pervenimento di seguiti di indagine e memorie, il fascicolo digitale che viene generato automaticamente con l'importazione della notizia di reato dal PORTALE NDR; si precisa che le recenti e future innovazioni disposte dal Ministero della Giustizia tracciano una scelta precisa: presto, tutti gli atti provenienti da soggetti "esterni" (polizia giudiziaria, difensori) dovranno passare dal Portale Deposito degli atti Penali, di talché solamente pochi atti non entreranno automaticamente in TIAP-DOCUMENT@, fra cui quelli del Magistrato, che dovranno essere digitalizzati al più tardi prima dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, dell’esercizio dell'azione penale o, in caso di Discovery parziale con richiesta di misura cautelare, prima del deposito della stessa; curi che l'inserimento avvenga, compatibilmente con gli hardware e software messi a disposizione dal Ministero, con modalità tali da assicurare la perfetta leggibilità del documento, evitando di inserire pagine bianche, capovolte o file di scarsa qualità, nonché il "formato immagine" che non consente la ricerca testuale; prediliga, ove tecnicamente possibile, l'inserimento di file PDF dell’atto (selezionabile/ OCR), in luogo del PDF generato dalla sua scansione; si assicuri che l'atto sia inserito su DOCUMENT@ mediante l'utilizzo dell'apposito codice (es: "264" per la denuncia querela, "001" per l'informativa di p.g., ecc.), servendosi ove utile anche del campo "note" per individualizzare il singolo documento (es. per le informative occorrerà indicare il numero di protocollo e/o la data, per i verbali di sommarie informazioni o di interrogatorio, possibilmente, il cognome/nome del soggetto); ove l'atto inserito venga classificato con il codice "378 ALTRO", lo descriva compiutamente nel campo "note"; eviti di generare documenti che superino le 50 pagine, salvo che il singolo atto da scansionare - privo di allegati - superi tale limite; quando un'informativa o un documento si componga di più allegati, proceda alla scansione separata dello stesso e dei singoli allegati, utilizzando per questi ultimi il codice 027; deroghi, al massimo, al punto precedente attuando una scansione di file raggruppanti non più di 5 allegati ciascuno, utilizzando necessariamente la funzione "separatore"; al fine di agevolare l'inserimento e la consultazione dei singoli atti nel fascicolo, curi che il fascicolo digitale dia distinta evidenza, mediante formazione di faldoni dedicati, a eventuale misura cautelare personale (ordinanza genetica, atti relativi all'esecuzione/ notifica, eventuale ordinanza del Tribunale del Riesame, ordinanze successive ex artt. 276, 299 c.p.p, etc.), atti irripetibili, quali per esempio: Verbale di arresto o fermo; Verbali di perquisizione e sequestro, eventuali vicende successive (es. dissequestro); o Scontrini alcool test».
Il legale pubblica quindi, nel documento, lo screenshot di quanto ricevuto osservando che «risulta chiaramente che il contenuto del fascicolo digitale consegnato allo scrivente è totalmente difforme dal contenuto del Protocollo di cui sopra, poiché in esso vi sono una serie sterminata di cartelle e sotto-cartelle (identificate solo attraverso un numero seriale) al cui interno si trovano singoli files PDF, anch’essi identificati soltanto attraverso il medesimo numero seriale della cartella di riferimento, in modo tale da non consentire in alcun modo l’identificazione del contenuto di quanto consegnato. Nel caso di specie, si tratta di una vicenda processuale che, come risulta dall’indice cartaceo, il cui contenuto dovrebbe essere puntualmente replicato del fascicolo digitale consegnato, ha comportato la raccolta di atti di indagine contenuti in ben 6 faldoni per un totale di n. 5415 pagine, al netto degli ulteriori atti d’indagine contenuti nei supporti informatici di cui si è sopra riferito».
Dopo tutti i passaggi tecnici e i rilievi, ecco le valutazioni espresse da Busignani: «La situazione sopra descritta, si ripete innumerevoli volte all’interno del fascicolo delle indagini preliminari, con il quale dovrebbe essere effettuata la completa discovery degli atti di indagine raccolti dalla Procura, in favore dell’accusato e del suo difensore. Del tutto evidente, quindi, la violazione del Protocollo per la formazione e la gestione del fascicolo digitale - Tiap -Document@ Tribunale e Procura di Varese del 17 ottobre 2024 sottoscritto anche dal Presente del Consiglio dell’Ordine Avvocati e dal Presidente della Camera Penale di Varese ma, soprattutto, evidente come una simile situazione costituisca una gravissima lesione del diritto di difesa, considerato il tenore dell’art. 6, comma 3, lettera b) della Convenzione Europea per la salvaguardia dei Diritti dell’Uomo e delle Libertà fondamentali, il quale stabilisce che ogni accusato ha il diritto di “disporre del tempo e delle facilitazioni necessarie a preparare la sua difesa”». «Non solo, un simile stato di fatto contrasta con i contenuti della sentenza n. 142/2009 della Corte Costituzionale nella quale, guarda caso emessa giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 416 del codice di procedura penale promosso dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Varese con ordinanza del 29 novembre 2007, iscritta al n. 165 del registro ordinanze 2008 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell’anno 2008, il Giudice delle Leggi ha stabilito quanto segue: «Il rimettente segnala un problema reale, che può assumere, nello svolgimento dei singoli procedimenti, gravità maggiore o minore, a seconda delle concrete situazioni. Si deve rilevare, infatti, che le disposizioni legislative e regolamentari, che disciplinano le modalità di formazione dei fascicoli, non hanno una semplice finalità di razionale ed omogenea sistemazione degli atti processuali, ma sono volte a rendere possibile e, in certa misura, ad agevolare l’esercizio dei diritti spettanti alle parti. Lo stesso rimettente tuttavia ritiene che non esistano nel sistema processuale penale vigente strumenti idonei a porre rimedio alle eventuali anomalie riscontrabili nel fascicolo, contenente la documentazione relativa alle indagini espletate e i verbali degli atti compiuti davanti al giudice per le indagini preliminari, che il pubblico ministero deve trasmettere per il deposito nella cancelleria del giudice, a corredo della richiesta di rinvio a giudizio, a norma dell'art. 416, comma 2, cod. proc. pen». «Nell’ipotesi che il fascicolo di cui sopra, specie se voluminoso, presenti difficoltà di consultazione, a causa del disordine con cui sono stati inseriti gli atti e della mancanza di un indice, sia le parti che lo stesso giudice non sono posti nelle condizioni per esercitare con la dovuta accuratezza ed efficacia il proprio mandato e la propria funzione. A ciò si aggiunge, quando manchi l’indice degli atti, la maggior difficoltà di rilevare indebite manipolazioni del fascicolo stesso, in ipotesi effettuate mediante la sottrazione o l’inserimento di documenti in tempi successivi alla richiesta di rinvio a giudizio».
«La Corte Costituzionale aveva altresì osservato che “L'invito a riordinare il fascicolo trova il suo fondamento nell'art. 124 cod. proc. pen., che fa obbligo ai magistrati, ai cancellieri e agli altri ausiliari del giudice di osservare le norme processuali, la cui violazione, in aggiunta alle specifiche conseguenze processuali, è causa di responsabilità disciplinare. Il Giudice delle Leggi altresì segnalava che “Non si può escludere in assoluto che la caoticità del fascicolo – in ipotesi composto da migliaia di pagine – sia tale, anche dopo un insufficiente riordino, da incidere seriamente sul diritto di difesa delle parti. Solo in tale eccezionale eventualità si deve ritenere che l’irregolarità del fascicolo depositato equivalga ad omesso deposito, con la conseguenza della inutilizzabilità degli atti e dei documenti non trasmessi, secondo la prevalente giurisprudenza di legittimità, o addirittura della nullità ex art. 178, comma 1, lettera c), cod. proc. pen., ove si ritenesse, secondo altro orientamento interpretativo, che «l'attività difensiva è in concreto compromessa dalla mancata conoscenza degli elementi di indagine» (Cass. pen., sentenza n. 14588 del 1999). L’effettività dei diritti fondamentali, tra i quali va certamente annoverato il diritto di difesa di cui all'art. 24, secondo comma, Cost., viene meno non soltanto se le norme vigenti consentono che sia radicalmente impedito il loro esercizio, pur formalmente riconosciuto, ma anche se è possibile che si creino, senza la previsione di adeguati rimedi, situazioni tali da rendere eccessivamente difficile l'esercizio stesso».
E infine: «Ebbene, nel caso di specie si verifica esattamente quanto da ultimo opinato dalla Corte Costituzionale, mancando persino una corrispondenza tra l’indice cartaceo predisposto dalla Procura e il contenuto del fascicolo digitale consegnato (all’interno del quale peraltro l’indice non risulta presente). Infine, quest’oggi, il gentile funzionario di Cancelleria ha comunicato per le vie brevi allo scrivente di aver iniziato il faticoso lavoro di catalogazione (in precedenza omesso) dei supporti informatici sopra citati e che, pur essendo giunto solo alla disamina del Faldone n. 3 di n. 6, l’unità di memoria necessaria per la copia di tali atti di indagine non potrà essere inferiore a 4 TB. In conseguenza di ciò, forse dopo ben dieci giorni dalla notifica dell’avviso di conclusione delle indagini preliminari, l’accusato (Marco Manfrinati) ed il suo difensore potranno essere in grado di iniziare ad aver contezza del contenuto degli atti di indagine, costretti ad assumere fondamentali determinazioni nei residui 10 giorni previsti dalla norma in questione».
Un duro attacco insomma. Che arriverà sulle scrivanie del Ministero.
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