IL PROCESSO
Varese, incidente mortale: strada sotto accusa
Pedone investito in via Casula. Il pm: «Evitare le strisce è la prassi»

Il pubblico ministero Antonia Rombolà ha chiesto la condanna dell’imputato, che l’8 novembre 2016 investì e uccise con la sua auto il pensionato Erminio Corti in via Casula, a tre anni di reclusione. Mentre l’avvocato Gianluca Franchi, difensore del cinquantaduenne di Induno Olona, stesso paese della vittima, che di anni ne aveva 82, ne ha chiesto l’assoluzione dall’accusa di omicidio stradale.
Nel processo davanti al giudice Luciano Luccarelli si discute di un incidente e del concorso di colpa del pedone nell’accaduto, dato che Corti quella mattina, più o meno alle 6.30, attraversò via Casula per arrivare da viale Milano alla stazione delle Nord senza usare le strisce pedonali, a un centinaio di metri di distanza.
Ma ieri pomeriggio, mercoledì 31 maggio, in Tribunale in alcuni momenti è sembrato che il processo fosse in realtà alla strada, a questo «punto critico della viabilità cittadina», come l’ha definito l’avvocato Franchi.
«C’è una prassi - ha detto il pm -: la maggior parte delle persone che va in stazione attraversa nello stesso punto in cui attraversò Corti. Succedeva allora, è successo un anno fa, la settimana scorsa e ieri, succede anche ora. E questo perché nessuno avverte come pericoloso l’attraversamento, muovendosi a piedi o alla guida di un veicolo, per l’ampiezza della carreggiata e perché c’è ottima visuale per tutti. Nessun concorso di colpa del pedone, dunque, perché la prassi è sempre la stessa: quel giorno era prevedibile, per una persona che abitasse in zona, che un pedone attraversasse fuori dalle strisce e quindi l’imputato avrebbe dovuto procedere con maggiore prudenza, così da controllare l’auto, arrestarne la corsa o sterzare».
Considerazioni vivacemente contestate dal difensore del cinquantaduenne di Induno Olona, che ha parlato invece di un «tratto di strada estremamente pericoloso», come del resto rilevato anche da uno dei periti che si sono occupati dell’incidente, il quale in aula si è chiesto come mai l’amministrazione di Varese non intervenga per metterlo in sicurezza.
«I pedoni lì non potevano e non possono attraversare - ha puntualizzato l’avvocato Franchi -: l’investimento avvenne inoltre in orario notturno e non va dimenticato che il povero Corti era vestito di scuro. Il mio assistito, che procedeva a una velocità entro il limite dei 50 chilometri orari, avrebbe avuto un secondo e mezzo - il suo tempo di reazione - per accorgersi di una persona che non doveva essere lì e per adottare una manovra di emergenza. Il concorso di colpa del pedone c’è e ritengo che in quello che è accaduto ci sia una maggiore responsabilità da parte sua. Quanto alla percezione di non pericolosità dell’attraversamento in quel punto, non so proprio da cosa possa ricavare questa convinzione il pm. Mentre per quanto riguarda la prassi dell’attraversamento vietato, si tratta di una consuetudine negativa che non può essere addebitata all’imputato».
La sentenza arriverà il prossimo 25 settembre. Ieri il pm Rombolà ha detto di aver apprezzato il comportamento processuale del cinquantaduenne, che è incensurato e alla guida non ha mai avuto altri problemi, «ma una persona non c’è più e non si può non tenerne conto». E di «due famiglie distrutte, quella della vittima ma anche quella dell’automobilista», ha parlato l’avvocato Franchi: «Il mio assistito si comportò in modo esemplare anche allora, fermandosi e soccorrendo l’anziano nei limiti del possibile».
Nei giorni scorsi a Varese, un pedone investito sul marciapiede.
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