L’INTERVISTA
«Giustizia in difficoltà»
Sergio Martelli lascia la presidenza dell’Ordine dopo 16 anni. Mercoledì e giovedì l’elezione di un nuovo consiglio totalmente rinnovato

Nel Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Varese è entrato nel 1984, quando aveva 28 anni. E dell’Ordine è stato presidente, ad oggi, per sedici anni. Per questo le elezioni per il rinnovo del Consiglio, in programma mercoledì 27 e giovedì 28 marzo, rappresenteranno per l’avvocatura e la giustizia varesine una piccola rivoluzione. Sergio Martelli non è infatti candidato, non farà più parte del “parlamentino” locale delle toghe e non sarà più presidente. Non per una sua scelta, ma in conseguenza di una decisione del Governo gialloverde, che con un decreto ha stabilito che un avvocato può essere consigliere per un massimo di due mandati da quattro anni, e poi deve restare “in panchina” per un periodo identico.
«Sono entrato nel Consiglio dell’Ordine 35 anni fa - racconta l’avvocato Martelli -, quando era presidente il collega Mario Vagaggini, in rappresentanza dei procuratori legali. E oggi lo lascio perché del Decreto ministeriale è stata data un’interpretazione retroattiva. Si tratta di un vero e proprio colpo di maglio per l’avvocatura, dato che in questo modo in tutta Italia tutti i consiglieri più esperti dovranno andarsene, e infatti ci sono già stati diversi ricorsi, anche alla Corte Costituzionale. Come è tipico dei governi populisti si colpisce un ente intermedio, che svolge anche un’importante funzione sussidiaria, e ci saranno un sacco di problemi perché in questo modo si impoveriscono gli Ordini di esperienza, autorevolezza e rappresentatività. Nel nostro caso, solo tre consiglieri su undici, tre colleghe, potranno ripresentarsi alle elezioni e quindi verrà meno la continuità del Consiglio negli ultimi decenni. Per quanto mi riguarda mi piacerebbe arricchire le mie esperienze lavorando in una commissione del Consiglio Nazionale Forense a Roma. E io e gli altri consiglieri uscenti daremo senz’altro una mano a chi subentrerà».
Com’è cambiato l’Ordine degli avvocati di Varese? «Diciamo che non siamo più chiusi nella torre d’avorio di un tempo e siamo più presenti nel sociale, la professione è oggi valorizzata nel suo rapporto con i cittadini, nella sua funzione sociale e culturale. Negli ultimi anni ci siamo occupati sempre di più di formazione, trasparenza e privacy, ma garantiamo anche l’accesso alla giustizia di chi non ha i mezzi per pagarsi una difesa, con il gratuito patrocinio, e nel civile siamo noi ad occuparci della cernita di tutte le domande. Ma penso anche allo Sportello Antiviolenza aperto in collaborazione con la Procura. Un’apertura alla società, va sottolineato, che è tutta di natura assolutamente volontaria e comporta anche scelte onerose. E se consideriamo il nostro apporto all’attività della magistratura non possiamo dimenticare gli avvocati che fanno i viceprocuratori e i giudici onorari: il loro apporto è insostituibile».
Come vede la situazione della giustizia a Varese oggi? «Sono in arrivo dei giudici di prima nomina: c’è chi dice quattro, c’è chi dice sette. In ogni caso nel prossimo futuro la situazione migliorerà perché non ci saranno più buchi nell’organico come quelli che ci sono ora. Resta il problema del personale amministrativo. Ci sono le promesse del Governo sull’ingresso di migliaia di persone, ma sono appunto promesse. Bisognerebbe forse ridistribuire le forze tra i piccoli e i medi Tribunali e le Corti d’appello, che hanno una capacità di attrarre e mantenere risorse molto forte. Forse sarebbe necessaria una ridistribuzione delle forze, dal centro dell’impero ai confini».
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