IL TORMENTO
«Racconto il mio incubo perché non ricapiti a nessuna»
La commessa 23enne in un negozio del centro racconta dello stalker. È durato mesi

«Finché si limitava a fissarmi da fuori, cercavo di sopportare. Mi dava fastidio, ma cercavo di stare tranquilla». Da giugno, la 23enne lavorava ogni giorno in un negozio del centro varesino con lo sguardo puntato addosso da un ventenne di origine magrebina.
«Si metteva lì per ore, immobile, a guardarmi attraverso il vetro - racconta la vittima -. Io servivo i clienti e lo sentivo fermo, sempre nello stesso punto. Qualche volta mi seguiva per brevi tratti di strada. Era inquietante, ma mi ripetevo che era meglio ignorarlo».
Il 21 agosto, però, tutto è precipitato. «Quella sera sono salita sul pullman per tornare a casa - prosegue il racconto -. Lui è salito dietro di me, senza dire una parola. Quando sono scesa, lo ha fatto anche lui e ha cominciato a correre, così ho iniziato ad aumentare il passo anch’io. Mi sembrava di avere il fiato corto, il cuore mi batteva fortissimo. È riuscito a infilarsi nella portineria del mio palazzo e non voleva andarsene, diceva che voleva salire insieme con me. Io l’ho minacciato di chiamare la polizia. È uscito, ma è rimasto davanti al portone. Allora la polizia l’ho chiamata davvero: ci sono voluti circa quaranta minuti prima che riuscissero a convincerlo ad allontanarsi. A me sono sembrate ore».
L’ARRESTO
Il giorno dopo il ragazzo, che alla polizia aveva detto di essersi follemente innamorato della commessa, era di nuovo davanti al negozio. «Era lì come sempre, a fissarmi. Io non ce la facevo più, non era più sopportabile». La ragazza ha richiamato le forze dell’ordine e il 23 agosto il giovane è stato arrestato in flagranza differita di reato per stalking, come previsto dalla legge 168/2023, la cosiddetta legge Roccella.
Interrogato, lui ha tentato di ribaltare le accuse, dicendo che fosse lei a cercarlo, che erano amici d’oratorio, che tra loro ci fosse un legame. A smentirlo sono state le immagini della videosorveglianza: i filmati hanno mostrato chiaramente i suoi appostamenti davanti al negozio e i ripetuti inseguimenti nelle strade vicine, confermando la versione della ragazza.
Per lei l’arresto era stato un sollievo, ma il 26 agosto l’uomo è stato scarcerato. Alla giovane la notifica è arrivata soltanto pochi giorni fa.
L’INCUBO SI E’ RIAPERTO
«Quando l’ho saputo mi è crollato il mondo addosso - ammette -. La prima cosa che ho pensato è che lui potesse ripresentarsi da un momento all’altro. Mi hanno rassicurata, dicendo che non è più qui, che potrebbe trovarsi in una comunità a Roma in attesa di rimpatrio, o che, se mai dovesse tornare, sarebbe munito di braccialetto elettronico. Mi dicono di stare tranquilla, ma come faccio a esserlo?». La vicenda personale dE si intreccia con una percezione diffusa in città.
AREA PROBLEMATICA
Largo Forzinetti, via Morosini, piazza XX Settembre: zone centrali, animate da negozi e passaggi quotidiani, ma considerate una sorta di propaggine della stazione, da sempre tra le aree più problematiche di Varese. «La convivenza con quei gruppi è sempre al limite - spiega la giovane -. Stanno lì, apparentemente senza far nulla, ma basta poco per far perdere loro il senno della ragione. Spesso litigano tra di loro, come è successo pochi giorni fa quando hanno cominciato a spruzzarsi spray al peperoncino l’uno contro l’altro, senza preoccuparsi dei passanti. In quell’occasione la gente ha dovuto scappare e il negozio è stato costretto ad abbassare le serrande. È un equilibrio sottile, che può spezzarsi da un momento all’altro».
Alle ferite della vicenda si sono aggiunte quelle dei social. «Sotto gli articoli che raccontavano la mia vicenda, in forma anonima - sottolinea -, ho letto commenti come: “Chissà come era vestita la commessa”. Quelle parole mi hanno ferita perché dimostrano che una mentalità diffusa è ancora arcaica e che permangono pregiudizi inaccettabili».
La ragazza ha scelto di denunciare, con coraggio, per trasformare la sua angoscia in testimonianza. «Ho ancora ansia - conclude -, ma non vorrei mai che un’altra ragazza vivesse quello che ho vissuto io. Non voglio avere più paura a camminare nella mia città».
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