L’INTERVISTA
Salvini: «Con Giorgetti stessa linea politica»
Il leader della Lega oggi in provincia di Varese. «Il coraggio di Bianchi verrà premiato»

Il senatore Matteo Salvini, leader della Lega, oggi, sabato 18 settembre, è in provincia di Varese, in un tour elettorale che tocca i principali centri, capoluogo compreso. In questa intervista esclusiva alla Prealpina spiega come il suo partito ha contribuito alla scelta del governo sul Green pass allargato, cercando un equilibrio di buon senso tra salute e lavoro.
Con Giorgetti? Piena sintonia, tranne che sul calcio. Poi critica l’operato del ministro dell’Interno, Lamorgese: «Non chiedo che prenda la tessera della Lega, ma che faccia il suo lavoro». Elogia il coraggio del candidato a Varese, Matteo Bianchi, e dice sì al Frecciarossa a Malpensa. Spaccature in Lega? «Retroscenismo letterario buono per il Premio Chiara». «A Varese più che altrove sapete che il retroscenismo applicato alla Lega è un vero e proprio genere letterario, generalmente più vicino alla fantascienza che alla realtà. Ma io non voglio mettere limiti all’immaginazione di nessuno, quindi non me ne lamento. Anzi, rilancio». Matteo Salvini lancia questa bombetta di sarcasmo verso i colleghi giornalisti (è iscritto all’Ordine come professionista dal 1999), i quali continuano a insinuare che la sua leadership sia in pericolo.
E per polverizzare le ripetute illazioni il segretario della Lega rilancia così: «Visto che il Varesotto può rivendicare la primogenitura di questo genere di narrativa, perché non istituire una sezione ad hoc del Premio Chiara per i giornalisti specializzati nel genere?» .
Giriamo la proposta a chi di dovere. In quanto all’odierna maratona elettorale da Busto Arsizio a Gallarate fino a Varese, Matteo Salvini anticipa a Prealpina le sue (scontate) previsioni sui due candidati leghisti doc Cassani e Bianchi, ma soprattutto conferma il nuovo corso moderato su vaccini e Green pass: massimo sostegno al Governo, massima fiducia nel premier Mario Draghi. E massima sintonia con il ministro Giancarlo Giorgetti, rispetto al quale il «retroscenismo» di cui sopra pone assai spesso il capo della Lega in una posizione contrastante.
Senatore Salvini, lunedì Giorgetti si dice favorevole all’estensione del Green pass a tutti i lavoratori “senza discriminare nessuno”: lei quel giorno avrà fatto un salto sulla sedia. Sappiamo com’è andata: giovedì il Consiglio dei Ministri decide che dal 15 ottobre senza pass non si potrà entrare in nessun luogo di lavoro. Come la mettiamo?
«Con Giancarlo io posso avere divergenze sul calcio, dove ancora non mi spiego la sua predilezione per una squadra inglese, il Southampton, ma sulla linea politica la vediamo allo stesso modo. Perché dire “senza discriminare nessuno” significa senza discriminare nessuno, quindi puntando sull’intelligenza e sul senso di responsabilità dei cittadini, non sul ricatto di nuove chiusure alla Speranza né di altri allarmisti di professione. Senza discriminare nessuno significa seguire l’agenda indicata dalla Lega al Governo e dai nostri governatori: dal sostegno convinto alla campagna vaccinale volontaria che ha già raggiunto l’80% della popolazione, passando attraverso il Green pass per riempire a pieno regime teatri, stadi, fiere, discoteche.
Senza dimenticare i tamponi gratuiti o a prezzo calmierato, con l’estensione della validità ai meno invasivi salivari, fino ai protocolli di cura con gli anticorpi monoclonali. Proposte concrete per conciliare salute, lavoro e libertà. Senza discriminare nessuno, appunto».
Nessuna divergenza con Giorgetti, quindi, non così con la ministra dell’Interno: la attacca tutti i giorni. E se domani Luciana Lamorgese la chiamasse dicendole di voler affidare la delega dell’immigrazione al sottosegretario Nicola Molteni? Fareste pace?
«Io non chiedo deleghe né poltrone. Né per me né per nessuno. Per me conta la concretezza dei risultati. Il ministro dell’Interno deve far rispettare la legge e difendere il sacrosanto diritto dei cittadini a vivere in pace la loro vita. A chi parcheggia in piazza Repubblica a Varese non importa se il sottosegretario si chiama Molteni né se sia della Lega o di un altro partito: quello che i varesini chiedono è di poter raggiungere la propria auto senza dovere attraversare un capannello di ubriachi o un bazar dello spaccio a cielo aperto. E se un ministro non riesce a garantire il personale sufficiente, le risorse per le telecamere, la dotazione e tutto ciò che serve alle donne e agli uomini delle forze dell’ordine, farebbe bene a farsi da parte».
Secondo la ministra Lamorgese c’è il rischio di un’alleanza fra estremisti e No Vax, quindi ha annunciato la massima allerta per evitare proteste violente: lei che ne pensa, c’è davvero il rischio che esploda la tensione?
«Senza un ministro dell’Interno che sa fare il proprio mestiere il rischio c’è. Ma mi lasci dire che Luciana Lamorgese farebbe bene a preoccuparsi anche della difesa dei confini e delle nostre coste, che quest’estate hanno registrato una impennata degli sbarchi di clandestini: quasi 40.000 a fronte dei 5.135 del 2019, quando, con il sottoscritto al Viminale, la Lega ha dimostrato che fermare l’invasione si può. E non è solo una questione di immigrazione: in Italia lo sfacelo è generalizzato. Basterebbe ascoltare il grido dei sindaci alle prese con degrado, malavita e baby gang, o ricordare l’allucinante vicenda del rave party in provincia di Viterbo con droga, alcol, violenze sessuali e perfino un morto: in un Paese normale questo avrebbe portato alle dimissioni automatiche del ministro dell’Interno. Non chiedo alla Lamorgese di fare la tessera della Lega ma pretendo che faccia il suo lavoro. Prima dia un giro di vite a chi semina insicurezza, poi, e solo poi, si preoccupi di controllare il Green pass alle famiglie in pizzeria».
Lei è favorevole a un ritorno dell’energia nucleare in Italia: pensa che i tempi siano maturi per lasciarsi alle spalle il famoso slogan referendario “Nucleare? No grazie”?
«L’idea d’Italia per cui lavora la Lega non è l’Italia dei no ma l’Italia dei sì. Sì all’Alta Velocità, alle infrastrutture autostradali, ai cantieri veloci sul modello Genova e sì a una grande campagna di rinnovamento energetico che permetta di limitare la dipendenza da altri Paesi, in primis dalla Francia. Oggi l’energia prodotta con tecnologia nucleare non conosce più i rischi del passato: credo sia opportuno discuterne, come peraltro ha sostenuto il ministro Cingolani».
Pochi giorni fa La Prealpina ha lanciato una campagna per portare il Frecciarossa a Malpensa: lei che cosa ne pensa?
«Torno all’Italia dei sì e dico: “Sì”! Anche perché, nell’accettare la sfida dei grandi investimenti del Pnrr, questo Paese deve soprattutto farsi trovare pronto a creare opere a sistema, infrastrutture che si colleghino ad altre infrastrutture, così da recuperare al più presto il terreno perduto con la pandemia e ritornare al posto che le spetta nel mondo».
A proposito di Malpensa, i sindaci sono infuriati per la decisione del Governo di concedere a Linate una proroga sui collegamenti con il Regno Unito. Possibile che lo scalo della brughiera debba sempre faticare per avere da Roma - si pensi all’esclusione dal Pnrr - l’attenzione che merita?
«La misura su Linate è stata dettata dall'emergenza Covid, per equilibrare il traffico senza penalizzare troppo nessuno scalo. È chiaro che si tratta di decisioni che vanno ridiscusse: non più nell'ottica della contrapposizione ma lavorando a una strategia di lungo respiro dove la pluralità delle opzioni diventi una ricchezza. Un sistema di opere connesse, come dicevo prima».
In occasione della sua visita a Varese l’ex premier Conte ha detto che in passato c’è stato un “equivoco” fra il Movimento 5 Stelle e il Nord e che il nuovo corso con lui alla guida, senza Vaffa, riparte dai ceti produttivi: non teme che questo possa erodere terreno alla Lega nel suo storico regno, il Nord?
«Io ho il massimo rispetto per l’impegno di tutti ma chi vuole rilanciare la produzione in Italia deve prima di tutto spazzare via quelle misure che la stanno frenando. Prima fra tutte, una pressione fiscale ormai insostenibile, che la Lega vuole abbattere con l’aliquota unica al 15% per aziende e famiglie. Il M5S, se davvero vuole parlare di produttività, dovrebbe prima avere il coraggio di fare autocritica sul reddito di cittadinanza, che purtroppo si è trasformato nel reddito del divano. Un disincentivo al lavoro che ci è già costato molto durante la stagione turistica e rischia di drenare risorse per aiutare chi non può lavorare, penso ai disabili e a tanti fragili che meritano protezione e dignità».
Parole sue: «Ringraziamo chi si è vaccinato, io tra loro, ma non possiamo rovinare la vita di chi ha fatto un’altra scelta». Perché per la Lega è così difficile parlare di vaccini?
«Forse per la Lega è difficile parlare di vaccini perché siamo troppo impegnati a vaccinare i cittadini. Altrimenti come spiegarsi che la campagna vaccinale di maggiore successo è quella in Lombardia, dove la percentuale di copertura supera quella di tutte le altre regioni?».
Le leggo due frasi dal comizio di La Russa e Santanché a Varese: «Dobbiamo essere padroni a casa nostra» e, sul lavoro, «Prima ai nostri, poi agli stranieri». Invasione di campo di Fratelli d’Italia: è per questo che il partito di Giorgia Meloni continua a crescere?
«L’invasione di campo la sta facendo la realtà. Soprattutto in una città come Varese, che non vede l’ora di archiviare questa triste parentesi a guida centrosinistra. Anche i varesini hanno potuto sperimentare cosa vuol dire essere governati come una colonia del Pd: strisce blu, rialzo delle tariffe, insicurezza, degrado. E non temo la concorrenza di FdI, per almeno due motivi. Primo: i cittadini sapranno premiare chi ha sempre sostenuto queste cose, ovvero la Lega. Secondo: se i partiti della coalizione crescono è una buona notizia per tutto il centrodestra».
Pochi giorni fa lei ha detto di non credere che a Milano Giuseppe Sala vincerà al primo turno. Cosa prevede per Gallarate e Varese, dove sono schierati due leghisti doc?
«Andrea Cassani credo sia tra i migliori sindaci che la Lega abbia mai espresso in provincia di Varese. Un esempio di cosa vuol dire vivere, governare e rappresentare la propria città con impegno, concretezza e schiena dritta. Quanto a Matteo Bianchi, ha dimostrato coraggio nel prendere il testimone di un grande come Roberto Maroni e sono certo che i varesini sapranno premiarlo con la fiducia che merita. Tanto più che, per amore di Varese, una volta eletto sindaco dovrà rinunciare al posto di deputato a Roma. E in un Parlamento dove parecchi si incatenerebbero alla poltrona sono fiero di guidare un movimento i cui rappresentanti sono al servizio del territorio, non il contrario».
Il libro “Secondo Matteo” è del 2016: ha realizzato tutto o sta scrivendo altri capitoli?
«Se mi volto indietro ho la fortuna di poter vedere tanti risultati concreti che la Lega ha saputo conquistare negli ultimi anni, dal contrasto all’immigrazione clandestina all’introduzione di Quota 100, per esempio. È un bilancio di cui andare fieri ma sono sicuro che le pagine migliori della nostra storia dobbiamo ancora scriverle. A partire da Busto, Gallarate e Varese».
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