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Varese, storie di integrazione
Il velo, cinque lingue, il lavoro. Ecco le mediatrici culturali: «Varesini senza pregiudizi»

«Buongiorno, dite pure, di che cosa avete bisogno?». All’esterno dell’Anagrafe comunale e poi subito all’interno, all’accoglienza, vi sono due giovani donne con quello che chiamiamo chador ma è il hijab, il velo islamico che lascia scoperto il viso. Danno indicazioni, spiegano, orientano i tanti cittadini che hanno bisogno di documenti e pratiche.
Sono il simbolo dell’integrazione e di come i cittadini di Varese si dimostrino con meno steccati mentali e culturali di quanti si possa immaginare.
La storia di Nisrine Naouiri, marocchina, e di Ayesha Saeed rappresenta solo uno spaccato della realtà multietnica riunita nella Cooperativa Mediazione Integrazione onlus.
Nirsine è all’ultimo giorno di lavoro qui, perché lei che ha conseguito la triennale in Economia e la magistrale in International businness all’Insubria, ha trovato lavoro in una azienda dove potrà utilizzare la sua laurea e le lingue che conosce - arabo, italiano, francese, inglese - parlate perfettamente. «Sono nata in Marocco, il giorno di Natale il 25 dicembre di 30 anni fa ma vivo qui dal 2002, dalla seconda media, dopo aver fatto il ricongiungimento con la mia famiglia», racconta.
«Posso dire che non ho mai avuto problemi particolari? La stragrande maggioranza delle persone è sempre stata accogliente». E anche quando si presenta davanti ai cittadini magari un po’ spaesati che chiedono informazioni o hanno un appuntamento all’Anagrafe, perché con le norme Covid vi sono limitazioni nell’accesso, dice che è raro che si trovi qualcuno che «ti guarda in modo strano o non accetta i consigli e le informazioni se non con un sorriso».
La giovane sta “istruendo” la collega, che in realtà opera con la cooperativa da dal 2017, ma che sta imparando l’attività che viene svolta in Comune perché Nisrine proprio domani si lancerà nella sua nuova esperienza professionale in una azienda nella provincia.
La collega alla quale sta spiegando il lavoro che in municipio viene svolto per alcuni giorni la settimana, ha maturato in realtà una lunga esperienza come mediatrice linguistica e culturale. «Sono pakistana e ho ottenuto la cittadinanza italiana, lavoro in particolare nelle scuole dell’infanzia, per favorire gli inserimenti scolastici o dare sostegno e favorire il percorso di alfabetizzazione di giovani studenti». Tra le lingue che sa alla perfezione, vi sono anche l’Urdu, quello che comunemente chiamiamo pakistano e il punjabi. Lingue che con sfumature diverse permettono in realtà a Ayesha di parlare con persone che provengono da un’ampia area del “continente” indiano.
«A volte ancora si incontra qualcuno non abituato a vederci con il velo e magari rimane lì un attimo, ma nella maggior parte dei casi non è un problema e le persone anzi tendono a lasciarsi aiutare, anche se appunto provengono da realtà e cultura completamente diverse dalle nostre di origine», spiega la giovane.
Le due operatrici velate sono state accolte con affetto nella “squadra” del Comune (all’Anagrafe e ai Servizi sociali). «Ragazze stupende, la loro presenza è un valore aggiunto, preparatissime, accolgono i cittadini anche stranieri con una prontezza con le lingue invidiabile», spiega la responsabile dei Servizi demografici Nicoletta Zucchi.
La cooperativa Mediazione Integrazione onlus è presieduta da Valentina Cama, di origine albanese. Capofila del progetto in cui sono inserite le due giovani mediatrici linguistiche e culturali, chiamato Fami, è la Prefettura di Varese e il progetto è indirizzato al Comune e all’Asst Sette Laghi per l’integrazione sociosanitaria dei migranti, ma la cooperativa svolge attività di mediazione anche nelle scuole e in altri sportelli migranti della provincia, con mediatori culturali che provengono o conoscono lingua e cultura di innumerevoli Paesi del mondo.
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