L’INTERVISTA
«Cara Varese, mia prima casa»
La serata speciale di Gianmarco Tognazzi al Teatro Openjometis in “Vetri rotti”

Questa sera, martedì 27 febbraio, alle ore 21, posti ancora disponibili - al Teatro Openjobmetis di piazza Repubblica va in scena “Vetri rotti”. Protagonisti del testo di Arthur Miller sono Elena Sofia Ricci, Maurizio Donadoni e Gianmarco Tognazzi. Per lui questa non è una tappa “qualsiasi” del tour.
«Varese significa tornare a casa e all’infanzia, rimarrà sempre il mio posto delle fragole».
La famosa villa di Ugo Tognazzi a Galliate Lombardo...
«Di Ugo certo ma prima ancora di nonno Gildo. Un posto da sogno specie per un bambino. Ho ricordi precisi del campo di bocce, della mungitura delle mucche, della scoperta della natura e di un mondo fantastico. Non so che tipo di lavori o modifiche abbia fatto chi è venuto dopo ma posso garantire che se avessi i soldi per poterla ricomprare lo farei subito. Il problema è che non li ho».
A “Colpi di scena”, il programma di Rai Tre condotto da Pino Strabioli, ha confidato che papà a Varese era finalmente tutto per voi...
«Dalle altre parti Ugo - noi figli lo abbiamo sempre chiamato così perché così lo chiamava la gente - era preso dal lavoro o dai tanti colleghi amici, nella casa di Galliate Lombardo, paese dove ho fatto due anni di asilo, era semplicemente il papà o, meglio, Ugo. Lì passavamo il Natale e allora il pranzo di Natale era un pranzo vero e proprio, si stava insieme per ore».
Già, dalla trippa il lavatrice in poi, l’Ugo Tognazzi cuoco era famoso quasi come l’attore. Quanto era avanti anche in quello?
«Tanto, basta guardare l’invasione di cuochi e programmi legati alla cucina in tv. Per lui mettersi ai fornelli e sperimentare era una gioia, viveva il cucinare e il mangiare come una festa. Sottoscrivo, nel mio piccolo ho tenuto viva l’azienda vinicola della Tognazza producendo anche l’Antani e il Tapioco».
Scherzi da Amici miei; questa sera a teatro invece si fa sul serio. Con “Vetri rotti”, non proprio il titolo più noto di Miller...
«Probabilmente perché legato alla fase finale della sua produzione drammaturgica. Il testo però ha la forza espressiva e tematica delle sue opere più conosciute e resta ancora oggi di grande attualità».
Perché ci riporta alla Notte dei Cristalli ricordando uno degli orrori del nazismo?
«Ricordare la Storia è un dovere anche del teatro anche se, lo dico con franchezza, non credo che oggi si debba avere paura di certi fantasmi, da noi la democrazia fortunatamente ha basi solide. Dalle reazioni che registriamo girando l’Italia a colpire maggiormente gli spettatori è il dramma della protagonista, ebrea a New York, in crisi con se stessa e con il marito, colpita da una paralisi inspiegabile. Poi certo, quel che accade in Germania, Austria e Cecoslovacchia nella notte tra il 9 e il 10 dicembre 1938 è più che un’ombra».
Protagonista a teatro ma anche al cinema, in “A casa tutti bene” di Gabriele Muccino. Film di successo però anche molto criticato, solo elogi invece per la sua interpretazione di Riccardo, un perdente che forse tale non è.
«Per questa interpretazione ho ricevuto tanti complimenti, sono felice e ringrazio. Mi permetto però di promuovere pienamente anche il film che racconta come un incontro tra famiglie allargate possa rimanere sotto controllo solo entro un certo limite di tempo. Quando si va oltre la cerimonia e la convivenza diventa forzata, come accade in “A casa tutti bene”, esplodono le tensioni. Rispetto l’opinione di tutti ma resto del parere che il miglior giudice sia in fondo il pubblico. Il risultato che arriva dalle sale dà ragione a Muccino e al film».
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