TENTATO OMICIDIO
«Ha preso a calci quel nonnino steso a terra»
Imputato un 43enne tunisino per il pestaggio in corso Moro a Varese. Il racconto del testimone oculare

«Non mi ricordo più niente. Ho preso una bella botta in faccia. Mi ha stordito, mortacci sua!». L’anziano varesino aggredito all’alba del 30 dicembre scorso in corso Moro, a Varese, ha provato a ripercorrere quei drammatici minuti che lo hanno fatto finire al Pronto soccorso con un’emorragia cerebrale, ematomi e fratture, conseguenza di calci, pugni e bottigliate in testa. Un pestaggio senza un movente, per il quale ha rischiato di morire e per il quale è ora sotto processo, con l’accusa di tentato omicidio, un tunisino di 43 anni, Kiram Amira, arrestato dai poliziotti della Squadra Volante circa un’ora dopo i fatti. Nell’udienza di martedì 10 settembre in Tribunale l’extracomunitario era nella gabbia dei detenuti a pochi metri dal 67enne, che però non è stato in grado di riconoscerlo come il suo aggressore. «Mi ha picchiato e sono svenuto, mi sono ritrovato in ospedale - ha ribadito - Non ho visto chi era. Ho perso un bel po’ di memoria».
LE TESTIMONIANZE
L’imputato è stato invece riconosciuto dall’operatore ecologico della Sangalli che ha assistito alla scena e ha fatto scattare la macchina dei soccorsi: «Mi sembra proprio lui», ha detto guardandolo in faccia; ma analizzando l’album fotografico delle forze dell’ordine aveva invece indicato un altro uomo. Pur facendo confusione con gli orari - ha parlato delle 5 del mattino, mentre pattuglie e ambulanze sono intervenute alle 6.30 (per questo il Tribunale ha chiesto di accertare, entro l’udienza del primo ottobre, il registro delle chiamate al 112 e alla sala operativa della Questura) - il netturbino ha ricostruito ciò che vide quella notte di fine anno: «È impossibile dimenticare. Stavo facendo il giro con il mio furgone quando ho notato una sagoma a terra sotto i portici. Ho accostato, sono sceso e ho visto un altro uomo; aveva in mano un aggeggio elettronico e l’ha scagliato contro il “nonnino”. Poi l’ha preso a calci nel costato e in faccia, e l’anziano è svenuto. Io ho urlato “Ma cosa fai?” e lui mi ha risposto “Fatti i fatti tuoi!”. Infine ho chiamato il mio responsabile dicendogli che un marocchino stava picchiando un anziano». Imputato che è stato riconosciuto anche da un altro addetto alla nettezza urbana, al quale poco prima il tunisino aveva chiesto una sigaretta. Quando sono arrivati i poliziotti e i sanitari del 118, il 67enne si era ripreso. «Ma aveva ferite al viso e alla testa, il volto era tumefatto e insanguinato», ha raccontato il primo agente intervenuto. Che, grazie alla descrizione fornita dalla vittima, è immediatamente partito alla ricerca dell’aggressore. Descrizione che ha subito indirizzato gli inquirenti verso Amira, personaggio noto alle forze dell’ordine perché protagonista di numerosi interventi a causa dei suoi abusi con alcol e droghe e della sua aggressività. Alle 7.15 l’immigrato è stato fermato in via del Cairo e portato in Questura. Dove i netturbini lo hanno identificato, anche dalla voce. Ma a incastrarlo ci sono pure le immagini delle telecamere della zona, esaminate dagli agenti che lo conoscevano bene e non ci hanno messo molto ad associare il suo nome al cittadino immortalato dalla videosorveglianza e che indossava gli stessi vestiti, jeans strappati e giubbotto scuro. Immagini che riprendono, parzialmente, una sequenza di calci sferrati contro un uomo a terra da una persona che indossa scarpe da ginnastica bianche. Proprio come quelle indossate dall’imputato al momento dell’arresto. Le calzature, sporche di sangue, sono state sequestrate e inviate al Gabinetto regionale di polizia scientifica che ha trovato sui lacci il profilo genetico del “nonnino”.
«COSA VOLEVANO RUBARMI?»
Il movente? Non è stato mai chiarito. «Non mi è stato rubato nulla», ha precisato l’anziano. «E cosa volevano rubare a me, che prendo 500 euro di pensione?». Altro aspetto da chiarire è quello della bottiglia che, secondo l’accusa, è stata usata per il pestaggio. Ma - ha evidenziato il difensore, l’avvocato Giovanni Caliendo - nessun contenitore di vetro, neppure un coccio, è stato sequestrato dai poliziotti. E nemmeno i testimoni ascoltati ieri hanno riferito di avere trovato contenitori in vetro sul luogo dell’aggressione.
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