DALL’EST EUROPA
“Traffico” di badanti, quattro condanne
Tre invece gli imputati assolti dall’accusa di caporalato, la pena più alta due anni e otto mesi

Quattro condanne, per un totale di sette anni di reclusione, due rinvii a giudizio e tre assoluzioni.
Il primo atto giudiziario dell’inchiesta “Badabene” della Guardia di Finanza - che nell’aprile del 2019 portò all’arresto di nove persone per associazione per delinquere, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro (il “caporalato”), favoreggiamento della permanenza sul territorio dello Stato di stranieri irregolari - si è chiuso ieri nell’aula del gup del tribunale.
Sette degli imputati hanno scelto il rito abbreviato, due hanno affrontato l’udienza preliminare e sono stati rinviati a giudizio (prima udienza a gennaio 2021). Tra questi anche la donna ucraina, Olena Kuts, considerata una delle due menti dell’organizzazione che, secondo gli inquirenti, avrebbe fatto entrare in Italia in maniera irregolare centinaia di donne dell’Europa dell’Est che, dopo aver pagato una quota di ingresso all’associazione “Badante brava”, venivano assegnate a famiglie dove prestavano assistenza agli anziani. Ma non in regola. Un’organizzazione che sarebbe stata composta essenzialmente da donne e uomini ucraini, oltre a un italiano che avrebbe messo a disposizione l’alloggio Aler della madre. E ai cui vertici ci sarebbe stata anche la russa Svitiana Penzyeva, alla quale è stata inflitta la pena più alta: 2 anni e 8 mesi. La quale non è stata però riconosciuta colpevole di caporalato. Reato escluso anche per tutti gli altri imputati a cui era contestato, così come il relativo reato associativo: da qui le tre assoluzioni. Riconosciuto invece il favoreggiamento della permanenza dei clandestini, costato tre condanne con pene da un anno e 4 mesi a un anno e otto.
Per una vicenda analoga, venuta alla luce nel 2014, è in vista il processo che coinvolge cittadini italiani e romeni.
il processo
Altri due imputati
a giudizio
© Riproduzione Riservata