IL PROCESSO
Traffico di cuccioli... dimenticati
Al via il dibattimento per i cani importati dall’Est, solo un proprietario su 16 contro chi gli vendette l’animale
Traffico illecito di animali da compagnia, esercizio abusivo della professione di veterinario, maltrattamento di animali e frode nell’esercizio del commercio.
È lungo l’elenco dei reati contestati al cinquantaseienne varesino titolare di negozi di animali finito nel mirino dei carabinieri forestali per una serie di cuccioli provenienti dall’Europa dell’Est venduti ad acquirenti arrivati a Varese anche da fuori provincia (da Sondrio a Milano, al Novarese). Cagnolini di varie razze - come Spitz, King Cavalier, Chihuahua, Maltese, Barbone nano - privi, secondo quanto ricostruito dai militari del Nucleo investigativo di polizia ambientale, agroalimentare e forestale di Varese, di sistemi per l’identificazione individuale (microchip) e delle necessarie certificazioni sanitarie. Cuccioli la cui età reale, stando all’accusa, era inferiore a quella riportata sui documenti ufficiali e che quindi non avrebbero potuto essere trasportati. E ai quali sarebbero inoltre state somministrate sostanze vietate.
Nella prima udienza del processo davanti al giudice Luciano Luccarelli solo una delle 16 persone offese s’è costituita parte civile, con l’avvocato Elisa Scarpino, decisa a chiedere i danni per l’acquisto di uno Yorkshire terrier. Il dibattimento entrerà nel vivo ad aprile 2024 con l’esame dei primi testimoni. Nessun commento dall’imputato, né dal suo avvocato, da noi contattati.
I fatti risalgono al 2020, quando i militari (alle cui indagini collaborarono i veterinari di Ats Insubria) perquisirono i due negozi dell’imputato, trovando e sequestrando ingenti quantitativi di flagyl-metronidazolo, farmaco a uso umano vietato per gli animali. Per l’accusa, il commerciante «consegnava agli acquirenti cuccioli diversi per provenienza e qualità da quella dichiarata e pattuita». I cani, cioè, avevano un’età inferiore a quella indicata nei documenti, non erano stati vaccinati ed erano in precarie condizioni di salute. Cani ai quali egli stesso (che non ha l’abilitazione alla professione di veterinario) avrebbe somministrato direttamente, oppure avrebbe consigliato ai nuovi proprietari, trattamenti farmacologici «impropri con dosaggi errati e pericolosi per la salute di diversi cuccioli». Con la conseguenza che alcuni di questi contrassero dei virus e altri morirono: quattro gli animali deceduti, pochi giorni dopo l’acquisto, per avvelenamento da farmaci o per il parvovirus.
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