LA RESIDENZA
Villa Toeplitz, che storia!
Dalla Polonia al Kashmir: un libro di Bruno Belli sulla dimora di Sant’Ambrogio Olona

Sono le tracce di una Varese favolosa quelle che Bruno Belli ha seguito per raccontarci la storia di una delle dimore più originali ed enigmatiche del nostro territorio, Villa Toeplitz di Sant’Ambrogio Olona, frutto dell’amore di una donna per la bellezza e l’esotismo in un’epoca di grandi cambiamenti politici, sociali ed economici, quella a cavallo tra le due Guerre mondiali.
Belli, storico apprezzato e autore di una esauriente biografia del contralto varesino Giuseppina Grassini, ha accettato l’invito dell’Associazione mazziniana di Varese “Giovanni Bertolè Viale” a scrivere un piccolo libro sulla villa e i suoi più illustri proprietari, il banchiere Jozef (Giuseppe) Toeplitz e la sua più giovane consorte, sposata in seconde nozze, Jadwiga (Edvige) Stanislava Mrozowska, cantante, attrice e viaggiatrice, nonché appassionata di architettura di giardini come, in tempi più recenti, donna Marella Agnelli.
Il volumetto, dal titolo “Villa Toeplitz di Varese: espressione d’“eclettismo” tra vita ed arte”, stampato in 150 copie numerate (lo si può richiedere scrivendo a cirovar1949@libero.it) prende le mosse dalla Varese fulgente e ormai leggendaria della villeggiatura d’élite, incominciata nel XVII secolo e proseguita fino alla seconda guerra mondiale, con grandi alberghi e ville di vacanza, tramvie e funicolari, teatri e divertimenti, ospiti illustri come la Regina Margherita di Savoia e Giuseppe Verdi, Giacomo Leopardi e Ulysses Simpson Grant, diciottesimo presidente degli Stati Uniti d’America.
Nel 1834, per esempio, da Varese si poteva “correre” a Milano in velocifero impiegandoci “solo” sei ore, mentre il 9 agosto 1865 giunse in città il primo treno da Gallarate e, il 4 luglio 1886, si andava per la prima volta nel capoluogo meneghino con il treno delle neonate Ferrovie Nord.
Varese caput mundi, anzi del bel mondo del tempo, con la prima autostrada inventata dall’ingegner Piero Puricelli e finanziata proprio da Toeplitz con la sua Banca Commerciale, inaugurata nel 1924 dalla Lancia Trikappa del re Vittorio Emanuele III con seguito di cronisti e smart set su quattro ruote.
Giuseppe Toeplitz nacque nel 1866 a Varsavia da una ricca famiglia della borghesia ebraica e, dopo gli studi in Lettonia e ad Acquisgrana, arrivò in Italia nel 1891, chiamato dal cugino tedesco Otto Joel a Genova, per entrare nella Banca Generale.
Ma la sua carriera, nel bene e nel male, fu legata alla Banca Commerciale Italiana, creata dal cugino con un consorzio di capitali tedeschi, svizzeri e francesi, nella quale scalò le posizioni fino a diventarne l’amministratore delegato.
Dopo la crisi del 1929, la BCI si trovò indebitata per tre miliardi di lire con la Banca d’Italia e fu costretta a trasformarsi in azienda pubblica, con Toeplitz che lasciò l’incarico nel 1934, ritirandosi a Varese con la moglie, dove visse fino al 1938.
Ma fu Edvige, scomparsa nel 1966, a dare lustro alla villa (costruita nel 1905 dalla famiglia Frey, acquistata dagli Hannensen nel 1914 e ampliata nel 1918), grazie alle esperienze maturate nel corso dei suoi amati viaggi, e in particolar modo a quelli in India, Ceylon, Birmania, Mesopotamia, Persia, Kashmir e Tibet compiuti tra il 1919 e il ‘27, e nel Pamir, nel 1929 (i racconti di viaggio furono raccolti nel libro “Visioni orientali”, pubblicato da Mondadori).
Dal 1938 si dedicò al giardino della villa, arricchendolo di fontane che grazie alle diverse cadute dell’acqua emettevano suoni “musicali”, di mosaici, di un frutteto e di una chiesetta. Alla manutenzione del parco e soprattutto al frutteto, sovrintendeva il giardiniere Quinto Brilli, una sorta di Libereso Guglielmi della famiglia Calvino a Sanremo, diventato poi esperto dei pescheti di Monate.
Lo stile “eclettico” della dimora è tipico dell’epoca e della “rivoluzione” architettonica propugnata da Camillo Boito, con elementi come la torretta con la cupola per le osservazioni astronomiche, altra passione di Edvige, i particolari di gusto medievale e cinquecentesco, come «le colonne sormontate dagli archi che sorreggono la grande balconata accanto alla torre stessa», scrive Bruno Belli.
Dopo la morte del marito, l’ex attrice e cantante polacca, nata a Janowice nel 1880, cedette l’amministrazione dell’immobile al figliastro Ludovico, per poi venderlo nel 1945 ai Mocchetti di Legnano e trasferirsi in una villa a Bosto, nella zona dell’antico Nifontano, dove il padre dell’autore, allora vicino di casa, la ricordava passeggiare, anziana ma sempre affascinante, con i suoi sette carlini.
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