CORONAVIRUS
«Virus forte, darà altri focolai»
Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario Irccs Galeazzi: «Ora incontra soltanto meno facilità nel diffondersi»

Temperatura, umidità dell’aria, velocità di vento e piogge, esposizione alla luce solare, predisposizione del sistema immunitario dell’ospite.
Sono tanti i fattori che influiscono sulla diffusione del coronavirus. In questi giorni si parla di una minore forza del Covid-19 dovuta al maggiore distanziamento sociale delle ultime settimane. Per fare chiarezza abbiamo consultato Fabrizio Pregliasco, direttore sanitario dell’Irccs Galeazzi e ricercatore all’Università degli Studi di Milano.
Si registrano meno ingressi in terapia intensiva: il virus è davvero meno aggressivo?
«A oggi sembra così. Domani magari assisteremo ad altre variazioni, ci saranno piccoli o grandi focolai, su cui dovremmo essere in grado di agire rapidamente. Di certo c’è che, in fase di adattamento, il virus appaia meno letale e aggressivo perché ha tutto l’interesse a presentarsi così, per aumentare la diffusione».
In che senso?
«Ebola, ad esempio, incontra difficoltà a diffondersi perché genera febbri emorragiche devastanti dal punto di vista clinico: i pazienti non si muovono. Il Covid-19 ha trovato un meccanismo per lui perfetto: è parassita assoluto e sfrutta le cellule del mammifero, in questo caso noi, che lo porta in giro. Più riesce a convivere, più per lui è vantaggioso. Varianti meno letali sono ben accette, ci avvantaggiano rispetto alla diffusione cui abbiamo assistito. Si riduce il famoso R zero. Lasciato a sé, il virus è relativamente contagioso. Se il morbillo in una persona causa 17 casi secondari, Covid-19 lasciato a se stesso ne causa 2,5. Grazie al distanziamento sociale siamo al di sotto dell’1. Si va verso lo spegnimento. È un fatto artificiale: il virus è ugualmente cattivo ma ha meno facilità nel diffondersi. Non va abbassata la guardia».
La bella stagione cui andiamo incontro può dargli un colpo di grazia?
«È vero che nazioni dal clima temperato hanno registrato meno casi, ma sono anche aree in cui la capacità di individuare il contagio appare meno efficace. Può essere vero che virus respiratori si avvantaggino degli sbalzi termici. Nel 2009 la stazione dell’influenza H1N1 risultò anticipata, in temperature più elevate è tutto da vedere. Ora potrebbe esserci un abbassamento dei contagi e poi una nuova diffusione in autunno. In estate si conta anche sull’assenza di condizioni di vicinanza che in genere viviamo al lavoro e a scuola».
Si parla di 40 ipotetici vaccini, due dei quali da testare sull’uomo. Quanto dovremo attendere per una cura?
«Oggi ci sono tecnologie nuove e rapide, vedremo se ci arriveremo in tempi inferiori alla produzione normale di un vaccino, che di solito richiede 6-8 anni. Credo che ci vorrà un annetto. Servono studi challenge: alcuni si sottoporranno volutamente a una infezione standardizzata, non è il massimo sapendo che non è una banalità. Trovare i volontari servirà a velocizzare. Normalmente trovi il vaccino, lo usi e aspetti per vedere se le persone si ammalino di meno. Di fronte a una pandemia non c’è tutto questo tempo».
Possiamo essere ottimisti o è pura illusione?
«Ci sono studi seri in corso e margini per valutare la sicurezza del vaccino. I nuovi metodi sono particolari e due sembrano promettenti. Uno utilizza adenovirus come vettori: il virus viene iniettato per fare in modo che sia l’organismo stesso a creare antigeni su cui poi fondare la risposta medica».
Tanti si chiedono già se sia possibile o meno andare al mare: fare il bagno sarà pericoloso?
«Non il bagno in sé. Ma come arrivo al mare. Un singolo non crea guai, però come decidere chi andrà e chi no? Non è il mare il problema, ma i contatti di contorno. Lo stesso vale per altre situazioni: a messa si potrebbe andare, stando distanti, uno per panca. Ma questo richiede lo spostamento di persone e controlli organizzativi non da poco».
Niente attività estive per i ragazzi, dunque?
«I bambini si portano dietro milioni di persone, è impossibile pensare campi estivi o settimane di animazione. E poi se ti sposti da regione a regione fai lo stesso di chi è partito di notte per tornare al comune di origine. Non è pensabile».
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