SICUREZZA
Busto, carcere: cella a fuoco e guardie aggredite
Il sindacato (Sappe) della Polizia penitenziaria: «Lo stesso detenuto ha già incendiato 5 celle».
Cella incendiata e guardie aggredite. Non c’è pace al carcere di Busto Arsizio. E si alza la protesta del sindacato della Polizia Penitenziaria di Busto Arsizio.
«Nella giornata di ieri (mercoledì 11 ottobre Ndr) un giovane detenuto nordafricano, infastidito per essere stato svegliato dai poliziotti che dovevano procedere ad una perquisizione ordinaria, è andato in escandescenza: prima ha minacciato e poi ha tentato di aggredire un Ispettore. Il detenuto è stato contenuto ma comunque cercato di colpire il collega con un corpo contundente per poi minacciarlo di tagliargli la faccia prima del trasferimento» spiega il segretario regionale del Sindacato autonomo Polizia Penitenziaria (Sappe) della Lombardia Alfonso Greco. «Fortunatamente - aggiunge - l’ispettore non si è fatto “nulla”. Successivamente, nel pomeriggio per l’ennesima volta un detenuto turco ha dato fuoco alla propria cella, incendiando materasso e suppellettili. Spente le alte fiamme propagate in tutta la cella, il detenuto è stato fatto uscire incolume dalla stessa. Solo a Busto lo stesso detenuto ha già incendiato 5 celle. Sempre e solo grazie alla professionalità del personale di Polizia Penitenziaria di Busto Arsizio si è riusciti anche oggi ad assicurare e garantire l’ordine e la sicurezza all’interno dell’istituto bustocco».
Sui casi interviene anche il segretario generale del Sappe Donato Capece che esprime solidarietà ai poliziotti coinvolti: «Con questi ulteriori gravi eventi critici sale vertiginosamente il numero dei poliziotti coinvolti da detenuti senza remore in fatti gravi. Esprimiamo la massima solidarietà e vicinanza a tutti i colleghi della casa circondariale di Busto Arsizio: e questi ultimi episodi devono far riflettere i vertici dell’Istituto e della Regione. Ci vuole una completa inversione di rotta nella gestione delle carceri regionali, siamo in balia di questi facinorosi, convinti di essere in un albergo dove possono fare quel che non vogliono e non in un carcere». E infine: «Facciamo appello anche alle autorità politiche regionali e locali: in carcere non ci sono solo detenuti, ma ci operano umili servitori dello Stato che attualmente si sentono abbandonati dalle Istituzioni».
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