IL SINDACO
Galimberti, chi dorme...
Ogni giorno sveglia alle 5 e arrivo in municipio alle 6.50. Incontri con i cittadini e temi “caldi”. La moschea? «Ne parleremo durante la revisione del Pgt»
Ore 6.50. La città è deserta. In via Sacco, già illuminata da un’alba calda e precoce, passano poche auto. E (quasi) nessun pedone. Eccone uno. Attraversa il porticato di Palazzo Estense. Giacca tweed (estiva) blu e bianco, camicia azzurra, pantaloni scuri. Niente cravatta. È il sindaco Davide Galimberti. «Beviamo un caffè?». «Nel mio ufficio, ho portato la macchinetta». Il primo cittadino è un habitué delle prime ore del mattino. Che hanno l’oro in bocca, come recita il proverbio. «Mi sveglio di solito alle cinque, e questo da sempre, faccio colazione, mi preparo, e prima delle sette sono qui». Non solo il giovedì, giorno del ricevimento dei cittadini. Il primo appuntamento è con un varesino che intende sottoporgli alcuni progetti e idee per la città. Galimberti apprezza la partecipazione dei cittadini. «Una degli aspetti più interessanti di questo inizio di mandato - spiega - è la percezione di una città che ha voglia di ripartire, di cambiare. Ricevo costantemente proposte e suggerimenti su tutti gli ambiti della vita pubblica. E posso annunciare che nei prossimi mesi, grazie al contributo dei varesini, daremo vita a nuove importanti iniziative». Alle 8, comincia l’ascolto dei varesini. E va avanti fino all’una, come da copione (riprende poi dopo le due); nella pausa Galimberti, accompagnato dal vice sindaco Daniele Zanzi, fa visita al comando della Polizia locale.
Più in generale, i temi caldi sono la questione rifugiati, la proposta di bon ton (traddotto: giacca e cravatta) in Consiglio comunale, le nomine in Avt e Aspem Reti (le due municipalizzate) e il rapporto con la comunità islamica in chiave di concessione della moschea. Galimberti non si sottrae. Ne parla in modo pacato. Capitolo bon ton: «È l’ultimo dei problemi che dobbiamo affrontare per il bene della città. Detto questo, è ovvio che debba esserci uno stile». Ma codificare la regola nel regolamento del Consiglio comunale? Il sindaco fa un’espressione da perplesso. E allora, ecco il caso dei migranti: quelli ospitati in città si radunano abitualmente sotto gli alberi di piazza Repubblica. «Noi da qualche settimana stiamo valutando soluzione affinché queste persone non siano costrette a non fare niente ma possano invece essere impegnate. E l’ipotesi su cui stiamo lavorando è la collaborazione con le associazioni per impiegarli in lavori socialmente utili, con la supervisione dell’amministrazione comunale. Che cosa potrebbero fare? «Aiutarci a migliorare la qualità urbana della città».
Capitolo nomine. Il bando è scaduto; sono arrivate tante candidature. «Non le ho ancora viste, le valuterò una ad una nel fine settimana. E la scelta verrà fatta sul merito, sulle competenze». Quindi, nessuna designazione... politica. «Firmerò il decreto lunedì o martedì, prima di partire per la vacanza». Dove? Località? «Non la dico». Mare o montagna? «Mare». Dulcis in fundo - si fa per dire - la questione moschea. La precedente amministrazione aveva bocciato a priori la richiesta della comunità musulmana di avere un luogo di culto, peraltro in un proprio edificio (in una laterale di via Gasparotto). Dalla Lega chiusura totale. Dal Pd, allora, con Andrea Civati, oggi super assessore ai Lavori pubblici e all’Urbanistica, apertura invece in nome del rispetto dei diritti costituzionali. Ora come la mettiamo? «Che i diritti costituzionali vanno rispettati». E quindi sì alla moschea? Galimberti è cauto; non ha giudizi a priori. «Stiamo avviando un percorso di revisione del Pgt (Piano di governo del territorio Ndr), percorso che terrà conto dell’opinione e delle esigenze dei cittadini. Tra le questioni che affronteremo ci sarà anche questa della comunità musulmana». «Domani caffè alle sette?» provoca Galimberti. Il sindaco dal risveglio antelucano.
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