DELITTO RROKU
Omicidio di Turbigo: «Giustizia riparativa»
L’assassino di Emanuel chiede una chance per riabilitarsi. In aula i Ris
A suo modo, un modo piuttosto asciutto, Rigels Gjinaj aveva già professato il suo rammarico per l’omicidio di Emanuel Rroku: «Non volevo ammazzare nessuno, vorrei tornare indietro e cancellare tutto questo dolore», disse lo scorso maggio davanti alla corte d’assise. Ieri, lunedì 23 ottobre, al termine dell’udienza dedicata all’esame dei periti e dei consulenti balistici, ha comunicato al presidente Rossella Ferrazzi l’intenzione di chiedere l’accesso al percorso di giustizia riparativa.
Il tribunale nei prossimi giorni contatterà i familiari del ventitreenne ucciso il 16 settembre 2022 in via Allea Comunale per metterli al corrente dell’istanza dell’imputato, così come previsto dalla riforma Cartabia. I parenti del giovane avevano già rinunciato alla costituzione di parte civile, una scelta di non belligeranza che ora potrebbe portare addirittura a un confronto con l’assassino di Emanuel. «Non doveva succedere, ci penso giorno e notte. È morto Emanuel ma poteva succedere a chiunque tra quelli che erano lì, anche a me. Potevamo e dovevamo evitare che accadesse ma ora è tardi. Voi mi odierete per sempre e io porterò questo dolore per sempre. Perdonatemi», furono le parole del trentaquattrenne difeso dall’avvocato Antonio Buondonno. Ora a quanto pare intende tradurle in gesti concreti.
PAROLA AL RIS
I quattro militari del reparto investigazioni scientifiche di Parma hanno sciolto i dubbi sollevati dalla difesa, sorti dall’analisi dei filmati di videosorveglianza che quella sera ripreso a tratti la rissa che sfociò in omicidio: le telecamere del bar in fondo a via Allea si azionavano solo al passaggio di un corpo sotto il sensore. L’assemblaggio dei video a parere del Ris lascia un buco di sette minuti ed è in quel lasso di tempo che la 6.35 di Gjinaj potrebbe aver sparato. L’audio non corrisponde a colpi d’arma da fuoco «ma di spostamenti di sedie, di tavoli, di boati delle saracinesche». L’unica certezza è che Gjnaj mirò a Rroku a una distanza non inferiore a 25 centimetri e non superiore a 45, quindi decisamente ravvicinata.
LA COLLANINA
Il proiettile che raggiunse la giugulare attinse prima una maglia della collana che Emanuel indossava. Sembrava d’oro ma era acciaio placcato ed è per questo che la pallottola risulta deformata. La traiettoria sarebbe quindi stata modificata dalla catena ma ciò non toglie che non ci furono altri ostacoli tra il vivo di volata dell’arma e il corpo di Emanuel. Ma su questo punto hanno fatto leva i consulenti della difesa, secondo i quali la deviazione, anzi la collana che l’ha prodotta, potrebbe aver avuto un ruolo fatale. Senza la catenina dove si sarebbe conficcato il proiettile? «La pistola usata è la meno offensiva, è un’arma da donna, inadatta alla difesa. L’urto con la catena potrebbe averla resa più potente», ha spiegato Luca Soldati, esperto di balistica forense. La corte rifletterà anche su questa variante.
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