IL CONCERTO
L’abbraccio di Varese a Vinicio Capossela
Oltre 900 persone a teatro. Il canstorie: «Non me l’aspettavo»
«Non ci aspettavamo un’accoglienza così calorosa, grazie davvero». Così ieri sera, venerdì 20 ottobre, Vinicio Capossela si è rivolto al pubblico del Teatro di Varese. A dovere ringraziare - e l’hanno fatto, eccome se l’hanno fatto - sono semmai i 900 spettatori presenti. Fortunati perché hanno assistito a qualcosa di più di un concerto perché il cantastorie, quelle con la esse maiuscola, e polistrumentista ha regalato più di due ore di altissimo livello.
L’uomo dai tanti cappelli, a suo agio con pianoforte, chitarra e fisarmonica - troppo sacrificata, unico neo di un’esibizione altrimenti perfetta - non si è accontentato solo di suonare. Accompagnato da una band di tutto rispetto, con la violoncellista e cantante Daniela Savoldi in evidenza, Capossela ha proposto i brani dell’ultimo, riuscitissimo, album, Tredici canzoni urgenti, tenendo per l’ultimo bis il pezzo che dà il titolo al tour, Con i tasti che ci abbiamo. Profondo, coinvolgente, il cantautore ha fatto ballare, commuovere, pensare. Apre con Sul divano occidentale, porta in scena una luna (gonfiabile) felliniana, parla di letteratura, da Dante a Ariosto, da Fenoglio a Brecht, di musica, da Cutugno ai Sigur Ros, e di politica: «Se la politica fa spettacolo, lo spettacolo deve fare politica». Omaggia le donne della Resistenza, esorcizza la paura del fascismo citando Frankenstein junior, incanta con arrangiamenti curatissimi e cambi di generi. A volte sembra avere testi alla Faber su musiche alla Tom Waits. Merce rara.
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