LA SCOMPARSA
Leggiuno, «mi manda Fausta. E Gigi apriva»
I preziosi cimeli e i ricordi di chi ha conosciuto e frequentato Riva
Parola d’ordine? Fausta. Gigi Riva si fidava della gente di lago, ancora di più se del suo paese, se poi di loro parlava bene anche la sorella maggiore, allora porte spalancate.
Esagerazioni? Forse ma di certo, dietro la donazione di magliette al Comune tramite Claudio Rossetti e dietro lo spettacolo Da Leggiuno in Nazionale di Francesco Pellicini, c’era l’assist di donna Fausta.
«Siamo un gruppo di amici, fan Riva - spiega Rossetti - e tre anni fa abbiamo pensato fosse giusto che il Comune di Leggiuno avesse in bella vista qualcosa che ricordasse l’illustre concittadino».
Da qui la richiesta alla famiglia che ha portato dalle nostre parti magliette indossate da Rombo di Tuono, da lui autografate.
«Compresa una del Cagliari campione d’Italia e una della Nazionale che vinse gli Europei nel 1968. In più c’è una bacheca in cui si ricordano i numeri da record della sua carriera. Sono nato nel 1960, quando Riva faceva miracoli ero ancora bambino, oltretutto interista. Eppure lo sentivo diverso anche dagli altri fuoriclasse e come per molti stima e affetto erano rafforzati dal fatto che fosse uno di noi».
Rossetti è stato tra gli spettatori delle riprese a Leggiuno, dalla vecchia casa di Ul furzelina al campetto dell’oratorio dove giocava a pallone fino al tramonto, di Nel nostro cielo un rombo di tuono, diretto da Riccardo Milani. Quel film che Claudio Ferretti, amico di Rossetti e del bomber, e Michele Marocco hanno trasformato, con Paola Frascaroli, in serata evento il 28 novembre 2022 al Miv con proiezione preceduta da collegamento video con casa Riva a Cagliari.
Dopo avere salutato l’amico d’infanzia Pasqualino Brunella («Per me sei importante!», ha detto il migliore realizzatore azzurro di tutti i tempi), il campione è stato chiamato da Ferretti a svelare il piatto lombardo che gli mancava di più.
«La polenta», risposta senza indugi. «Allora te la farò avere», la replica, e, di rimbalzo, «Se non mantieni la promessa, vengo lì e ti stacco il microfono».
Francesco Pellicini cantò Da Leggiuno in Nazionale, un brano poi trasformato in recital per merito di Fausta.
«Nel 2008 - racconta l’artista luinese - proposi la canzone a Leggiuno durante una serata di cabaret. Alla fine venne a ringraziarmi la sorella di Riva. Ignoravo fosse in sala, ne fui lusingato e ci salutammo. Qualche giorno dopo mentre stavo imbarcandomi per Verbania, sul cellulare apparve un numero sconosciuto».
A chiamarlo era Gigi Riva. Incredulo, Pellicini era tentato di rispondere «Sì, e io Evaristo Beccalossi». Non lo fece appena comprese che non si trattava di uno scherzo.
«Disse che Fausta gli aveva parlato bene di me, gli accennai la mia idea di dedicargli un intero spettacolo, diede la sua autorizzazione e benedizione a un patto. Portarlo in scena ovunque ma mai in Sardegna perché sotto casa lo avrebbe imbarazzato. Patto rispettato perché l’ho rappresentato in diversi posti da Leggiuno a piazza del Popolo a Roma ma non nella sua isola.
L’altra sera non sono riuscito a gioire per la vittoria della mia Inter perché addolorato dalla notizia della morte di Riva e dal vedere sul megaschermo di uno stadio dell’Arabia Saudita del calcio dei soldi facili l’immagine di un campione, dentro e fuori dal campo, che seppe dire no al miliardo della Juventus».
Che anche Varese fosse parola magica per entrare in contatto con Giggirriva, come lo chiamavano i sardi, lo conferma un altro varesino.
«Alcuni anni fa - dice Fausto Brianza - ero per lavoro a Santa Margherita di Pula. Gennaio, poche persone in giro, otto di sera, sono a cena in un ristorante quando entra un signore e chiede di chi è l’auto targata Varese parcheggiata vicino. Il tono non era del tipo “C’è da spostare una macchina” e alzai la mano. Si presentò come Gigi Riva. Avevo sentito parlare di lui ma non mi interessavo di calcio, in vita mia ho visto una sola partita, Inter-Roma uscendo dallo stadio avendo in mente solo i cori nerazzurri contro Pugliese Oronzo. Meglio, voleva gli parlassi di Varese, dei nostri laghi. Tirammo mezzanotte e offrì lui».
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