IL CASO
Varese, candidato sindaco: Cassani stoppa Bianchi
Il segretario provinciale della Lega sorpreso dalla fuga in avanti. «Certe scelte vanno concordate»
L’inaspettata e improvvisa autocandidatura a sindaco di Matteo Bianchi per le prossime elezioni, in occasione del consiglio comunale sul Pgt, ha creato sconcerto nel suo stesso partito e in tutto il centrodestra di Varese. Una proposta che ha fatto fibrillare una parte politica già messa in allarme dalla sconfitta in Sardegna di poche ore prima. Un fatto inatteso su cui abbiamo chiesto l’opinione del segretario provinciale della Lega, il sindaco di Gallarate Andrea Cassani.
L’autocandidatura a sindaco di Matteo Bianchi, che invita a rilanciare l’azione politica facendo leva sull’entusiasmo, è un atto usuale o un’iniziativa irrituale?
«Francamente ha stupito me e anche la sezione leghista di Varese. Solitamente queste cose vengono concordate a livello locale. Certamente Matteo Bianchi è un importante esponente della Lega, e forse le sue dichiarazioni andrebbero lette come una provocazione per imprimere un cambio di passo non solo alla città, ma anche alla stessa opposizione. Quanto all’entusiasmo, in alcuni consiglieri non manca davvero, come nel caso di Stefano Angei, sempre sul pezzo. Resto convinto che certe scelte vadano concordate con la sezione e con il segretario».
Il centrodestra ha reali chance di vittoria a Varese per il post-Galimberti?
«Varese è stato l’unico Comune che è andato al ballottaggio, al contrario del mio caso e di quello del sindaco di Busto Arsizio Antonelli, dato che abbiamo vinto al primo turno. Questo fatto ci deve fare ragionare: a Varese, evidentemente, c’è un’ampia parte dell’elettorato che non si rispecchia in Galimberti. Occorre riflettere e poi fare le scelte giuste in vista delle prossime elezioni, capaci di catalizzare una parte importante dell’elettorato».
Guardando agli equilibri nazionali del centrodestra, a Varese ci potrebbe essere la richiesta di un proprio sindaco da parte di Fratelli d’Italia?
«Una possibilità assolutamente concreta. Si tratta di un partito forte, che nella nostra provincia esprime il sindaco Antonelli. Nel 2027, inoltre, se non saranno autorizzati tre mandati, né Galimberti, né io, né Antonelli potremo correre e ricandidarci. Abbiamo tutto il tempo per discutere candidati convincenti e proposte credibili».
Facciamo un salto in Sardegna. La sconfitta del centrodestra è il primo segnale di una crepa nel granitico sistema meloniano che fino a oggi non aveva mai perso alle urne?
«Sarebbe un errore derubricare la sconfitta in Sardegna a semplice questione locale. Non sono mancate ragioni legate ai candidati e agli ultimi cinque anni di governo. Ma come hanno rimarcato i leader Giorgia Meloni e Matteo Salvini c’è anche un aspetto nazionale che non dobbiamo sottovalutare. Siamo sempre stati abituati a vedere il centrosinistra diviso: questa volta è accaduto che, unito, è diventato un’alternativa possibile e vincente. Fosse stato unito, avrebbe certamente vinto il centrodestra, mentre questa volta l’ha spuntata la Todde».
Perché, a differenza di Busto e Gallarate, a Varese il centrodestra non riesce a spuntarla? Galimberti ha già vinto per due mandati consecutivi. Per voi il problema è legato ai programmi o all’incapacità di trovare candidati vincenti?
«Con un pizzico di rammarico e con tanta nostalgia il candidato giusto ci sarebbe stato per vincere a Varese e si chiamava Bobo Maroni. Con lui avremmo stravinto nella Città Giardino, ne sono assolutamente certo. Poi sono accaduti i noti e tristi fatti e dunque questo non è accaduto. A quel punto abbiamo dovuto provvedere all’ultimo».
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