IL PROCESSO
Video porno dell’amica nella chat del bar: 75enne nei guai
Varese: dopo la fine della relazione l’uomo avrebbe diffuso le riprese tra gli amici usando WhatsApp
Le età dei due protagonisti di questa storia di “diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti” tramite WhatsApp non sono proprio quelle che normalmente si associano a un uso spregiudicato della tecnologia. Lui ha infatti 75 anni. Lei più o meno 50.
Un uomo e una donna che si sono frequentati per un po’ a Varese e nel corso dei loro incontri hanno anche avuto l’idea di realizzare un video hard con ruoli ben definiti: lui alle riprese, con il suo cellulare, lei protagonista unica del filmino e senza veli.
Risultato: appunto un video con contenuti “sessualmente espliciti” che nelle intenzioni della donna doveva restare privatissimo e invece qualche tempo dopo le riprese e la fine della relazione iniziò a circolare di cellulare in cellulare, fino a quando la notizia arrivò, tramite un conoscente comune, alla stessa “attrice protagonista”.
Da qui, dopo la denuncia della cinquantenne, un procedimento penale che è iniziato ieri mattina, mercoledì 6 marzo, davanti al gup Niccolò Bernardi, con il settantacinquenne accusato di un reato per il quale la pena prevista dal codice penale va da uno a sei anni (reato introdotto di recente appunto per punire chi diffonde fotografie o filmati a luci rosse senza il consenso della persona raffigurata), difeso dall’avvocato Paolo Bossi, e con la donna parte civile con l’assistenza dell’avvocato Matteo Pelli.
Ieri l’udienza è stata rinviata perché c’è la possibilità che le parti si mettano d’accordo e il processo svapori nel nulla, con lui che risarcisce e lei che ritira la querela. Ma al momento nulla di tutto ciò è ancora successo.
Tornando indietro nel tempo, facile immaginare prima lo stupore e poi la rabbia della cinquantenne nel momento in cui un conoscente la informò che aveva ricevuto via WhatsApp un video che la mostrava compiere atti sessuali da film porno. Naturalmente la donna sapeva benissimo che quei pochi minuti di immagini in movimento erano stati girati, lei consenziente, dal suo amico di 75 anni, ma la questione della diffusione è naturalmente diversa da quella della produzione delle immagini, anche perché questo, per quel che si sa, non sarebbe un caso di “revenge porn” e cioè di porno-vendetta di un amante abbandonato.
Così la Polizia postale, ricevuta la denuncia, iniziò la sua indagine con l’obiettivo di risalire lungo la catena delle condivisioni WhatsApp fino ad arrivare a quello che potremmo definire “condivisore zero”, alla fine identificato nel settantacinquenne. Un lavoro lungo e complicato, anche perché diversi degli uomini individuati lungo la catena, e quindi interrogati, comprensibilmente hanno avuto poca voglia di raccontare il loro ruolo nella vicenda.
Alla fine, tra diversi «non ricordo» e «quel video nemmeno l’ho visto», si è arrivati comunque alla conclusione di una presunta responsabilità dello stesso autore del video e anche di una limitata diffusione del messaggio WhatsApp, mandato agli amici del bar e a pochi altri. Per questo, in assenza delle aggravanti previste per il reato e in caso di remissione della querela, è possibile che il processo finisca per non essere celebrato.
© Riproduzione Riservata