IL CASO
Varese, minacce ai controllori: ragazzo condannato
Sei anni fa mimò il gesto del taglio della gola agli addetti dell’autobus
Maggio 2018: un gruppo di ragazzi italiani e stranieri è su un autobus della linea E a Varese quando sul mezzo salgono due controllori. Alcuni dei giovani non hanno il biglietto e così si crea subito una certa tensione con gli addetti di Autolinee Varesine. Inizia una discussione, le parole si fanno pesanti e il tutto continua anche quando viaggiatori e controllori scendono dal bus e attendono l'arrivo delle forze dell'ordine.
È in questo contesto che a un certo punto un ragazzo originario del Marocco, classe 1999, avrebbe fatto il gesto del taglio della gola rivolgendosi ai controllori. Gesto che questa mattina, martedì 23 gennaio, è stato al centro di un processo per minaccia aggravata davanti al giudice Andrea Crema. Lo straniero, difeso dall'avvocato di Torino Maurizio Pettiti, è stato condannato al pagamento di 800 euro di multa, esclusa l'aggravante, e a versare un risarcimento di 250 euro a ciascuno dei controllori, parti civili con l'assistenza dell'avvocato Alberto Caleffi.
Nel corso della discussione il pubblico ministero Davide Toscani ha chiesto una condanna a due mesi di reclusione e l'avvocato Caleffi ha sottolineato la necessità di conseguenze dal punto di vista penale a fronte di comportamenti che mettono a rischio l'incolumità di autisti e controllori, e e si ripetono troppo spesso. L'imputato non si è fatto interrogare e si è limitato a una dichiarazione in aula, negando di aver fatto il gesto del taglio della gola e chiedendo comunque scusa per la situazione in cui si era venuto a trovare.
Ha molti altri e più gravi problemi con la giustizia, tanto è vero che è in carcere e dovrebbe restarci fino al 2029: tra minore e maggiore età avrebbe fatto parte di baby gang, commettendo tra l'altro anche diverse rapine. In aula ha sostenuto però di aver messo la testa a posto e di essere impegnato nello studio, così da potersi reinserire in futuro nella società Il suo difensore ha messo in dubbio la concretezza della presunta minaccia, ma alla fine la condanna è arrivata, pur nella forma della multa e non della reclusione.
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